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Postiglione alle 6,30 del mattino, sensazione strana, una piazzetta deserta e qualche passante con cui scambiamo qualche chiacchiera, le pareti calcaree a picco sul paese e quel sapore di montano che solo gli alburni sanno donare. Alle ore 7.00 da Piazza Europa proseguiamo in direzione della chiesa adiacente e dopo aver superato una strada asfalatata in pesante pendenza raggiungiamo il primo segnale CAI e il cartello "Grotta di S.Elia". Il primo tratto ci ha fatto superare già un dislivello di circa ottanta metri in pochissimo tempo, lo sguardo verso la grotta inoltre lasciava già assaporare quello che "La Nuda" ci avrebbe riservato. Pendenza e gradoni ci conducono in relativamente poco tempo agli 890 m della Grotta dove sostiamo per un po e godiamo del panorama sulla valle del Sele e sulla Piana del Sele. Il Polveracchio svetta con i suoi pianori incontrastato verso i Picentini e solo il Cervialto potrebbe fargli paura, ma quella vetta che si alza al disopra di esso sembra impotente difronte al massiccio di Campagna.
La sosta dura circa dieci minuti, si inzia subito a bere molto, il sentiero precedente ci ha già messi alla prova, ma il tutto dov
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Continuiamo dalla grotta e ritorniamo al sentiero il quale inzia ad impennarsi nel bosco su piccolo sentierino quasi battuto in terra, si susseguno strappi pesanti fino alla prima parte esposte e lo spettacolo dei bastioni ci lascia per un attimo incantati. Ma non si può rimanere fermi, l'altimetro segna ancora 990 metri e la salita è lunga, quindi si rientra nel fitto del bosco per riprendere a salire in decisa pendenza. Continua un percorso che va mano mano perdendosi tra l'erba del bosco, le foglie occupano anche i piccoli spazi di terra dove forse vi era una traccia di mulattiera larga solo per i piedi, in alcuni punti si cammina al lato di un canalone in un fazzoletto di terreno e mentre un piccolo tratto in discesa ci fa respirare, voltandoci notiamo il bosco selvaggio e il sentiero come un muro. I bastoncini ci sono di un aiuto incredibile, picconiamo a tratti per non cadere e per alzarci su alcune rocce, in alcuni tratti e davvero difficile mantenere l'equilibro e la terra polverosa non aiuta affatto l'aderenza. Per diverso tempo si salirà in queste condizioni ed inoltre la concentrazione non va mai persa perchè anche i simboli del CAI in alcuni tratti diventano "impervi" come il sentiero. Finalmente sembra però che la situazione ritorni alla normalità e si esce di nuovo sotto le bastionate dove il Colle Medoro ci sorride e noi con lui gioiamo, ma dato che siamo a soli 1100 metri capiamo che per attraversarlo e uscire sul valico a 1400 dovremmo sudare ancora e affrontare chi sa quale fatica. La risposta non tarda ad arrivare, dapprima un sentiero in erba che cade a cascata sul costone che impedisce di visualizzare bene i segnali, poi imboccata la via giusta la pendenza risale ancor di più di prima finchè dopo circa un'ora cominciamo a camminare nella parte più bassa del Medoro a contatto stretto con le lame calcaree. Sensazione idilliaca, tocchiamo con mano il calcare che vediamo e "veneriamo" sempre dal basso e passiamo sotto cavità carsiche e rocce sporgnti alte meno di due metri. A volte si ha l'impressione che tutto crolli e cada addosso. Un tratto suggestivo ed emozionante, ma i sentimenti lasciano di nuovo spazio alla fatica ed infatti arriva ora il tratto più duro in assoluto che in quasi due anni di escursionismo abbiamo affrontato. D'apprima paragonato alla "Chiaia Amara" del Cervati, subito ci rendiamo conto che quella non era che una passeggiata e costeggiando il bosco sottostante i bastoni camminiamo su uno scoscesissimo costone ciottoloso che frana spesso al nostro passaggio. Cadono rocce, sassi e tronchi ma "La Nuda" va conquistata e noi non ci fermiamo. Ovviamente qualche attimo ti tensione è d'obbligo e superata la traversata dei ciottoli ci guardiamo in alto e notiamo il valico, ma tra noi e il valico vi è un canalone roccioso con alcuni faggi che nel finale vanno quasi a chiudersi. Ora la situazione è dura e noi ci armiamo di coraggio e pazienza, posiamo i bastoncini nello zaino e cominciamo ad afferrarci agli alberi e alle rocce per mantenerci dato che ora si cammina quasi in verticale e in alcuni tratti ci sono difficoltà quasi da arrampicata. Tra la presa di un albero e quella di una roccia, faticando non poco e sudando tantissimo giungiamo al tratto più ripido e più fitto, dove con un po di determinazione in più e facendo forza sulle braccia tra due rocce, passiamo al di sotto degli utlimi rami e raggiungiamo il Valico. Al Valico
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Il libro di vetta spunta da una roccia, manca poco davvero eppure abbiamo un altro tratto difficile tra le rocce, ma superato questo finalmente ci siamo. Con determinazione, caparbietà e coraggio abbiamo raggiunto senza l'ausilio di guide e con la sola voglia di conoscere, dopo aver studiato le IGM a tavolino (e ovviamente agevolati dal CAI) la vetta del Monte La Nuda. Godiamoci il panorama e il meritato riposo che poi riposo non è ma sarà più un "riposto" dato che la sosta ovviamente come previsto si è tramutata in un continuo saltellare tra rocce e rocce per capire i segreti del Monte.
La vetta è molto solitaria, non è contornata da altre cime ed è molto piccola, subito si aprono precipizi verso i valloni sottostanti e solo tramite il bosco adiacnte è possibile raggiungere non in poco tempo la "Spina dell'Asino" che però lasceremo inviolata aspettando la traversata.
Foto di rito, sguardi nel vuot
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