venerdì 19 settembre 2008

17 Settembre 2008 In cima al Freddo: conclusione di un'estate di imprese

Il mercoledì delle imprese, il giorno in cui si è conclusa l'avventura estiva della coppia d'attacco Angelo Mattia Rocco - Federico Alvino; ebbene si, Federico dopo 2 mesi Campani è tornato a Siena per studio, ma come fu La Nuda (la prima impresa) all'inizio, un'escursione "leggendaria" ha coronato questa fantastica esperienza montana durata tantissimo. Stanchi dal dover convivere con la "novità", ovvero di dover sempre cercare un incentivo nuovo per proseguire le nostre escursioni e consapevoli della mia voglia di conquistare 10 volte il Cervialto in un anno, presi anche dalla malinconia finale ci rechiamo per l'ennesima volta sull'altopiano Laceno. L'obiettivo era chiaro e preciso già da una settimana, le carte meteo annunciano un freddo invernale improvviso sui monti e noi vogliamo toccare con mano la temperatura più bassa della campania. Ci sarebbe stato il Cervati come vetta più alta e forse più fredda, ma la mattina stessa ci mostra un'Irpinia avvolta ancora da nebbie e nuvole e un cilento sgombro da nubi e al sole e cosi il picco del "gelo" è li, su quella vetta che ormai è divenuta il simbolo di questa estate.
L'altopiano desertissimo, anche le mucche sembravano in ferie, il freddo tardo autunnale e quei 9° con il venticello a penetrare nelle ossa, il laghetto solitario e quella vetta avvolta da nuvole e nebbie possenti. Al Campeggio Zauli per l'ennesima volta , la terza consecutiva, dove posiamo le auto e indossiamo il maglione pesante. Durante la settimana aveva anche piovuto e cosi ci ritroviamo su un sentiero bagnato, franato in alcuni tratti e molto molto scivoloso nelle parti più ripide.
Superiamo con grande disinvolutra il primo tratto al fianco del vallone e le foglie battute dalle acque rendevano il tutto più semplice e intuitivo, la salita ovviamente ripida come sempre e l'umidità che si alzava dal suolo, ogni tanto qualche fungo (velenoso ovviamente) e lo sforzo di raggiungere la prima mulattiera. Dalla prima mulattiera il paesaggio cambia radicalmente per un sentiero impervio, reso durissimo e faticoso da una coltre di fango sottilissima che però non concedeva spazio all stabilità. Fino al Valico di Giamberardino però il passo era ancora abbastanza agevole, le difficoltà enormi dopo, dal varco alla crinale Nord del Monte Cervialto. I giovani faggi gocciolanti e umidi, una leggera nebbiolina che man mano diveniva sempre più fitta, il vento freddo e una "pioggia" di larve di cavalletta che cadevano dalle piante. Il sentiero era di un rosso argilloso, i piedi faticavano a mantenere l'aderenza e i bastoncini erano chiusi al massimo come se fossero delle piccozze in uso su un ghiacciaio. Rischiamo diverse volte di cadere, ma non ci scoraggiamo minimamente, raggiungiamo il tratto più ripido e notiamo che le solite foglie secche sono state "sostituite" da un'immensa fanghiglia compatta e a "cascata"; l'ultimo sforzo e infine siamo sul boschetto che di li a poco in una coltre di nebbia fittissima ci avrebbe portato sulla vetta. Nel vallone non vediamo praticamente nulla, il freddo ci prende all'improvviso mentre una bellissima brinata ci fa rendere conto della temperatura prossima allo zero e cosi in velocità , vestiti solo di una camicetta ci rechiamo al punto trignometrico dove indossiamo maglione, giubbino invernale, guanti e cappuccio.
Il vento è terrificante, il termometro segna 3°, il tutto è avvolto dal "grigio" e di tanto in tanto si odono delle voci venire da chissà dove, mentre mucche pascolavano indisturbate sotto i nostri occhi che però non potevano vederle. L'obiettivo del "freddo" è stato raggiunto, la situazione meteorologica è esaltante per chi voleva a tutti i costi verificarla e cosi apriamo il libro di vetta e firmiamo descrivendo sentiero e condizioni atmosferiche. La mia nona volta in cima e non l'ultima, che ha rappresentato un giorno invernale in uno strano giorno di fine estate.
Il freddo iniziava a penetrare nelle ossa, l'umidità era del 100%, i panni restavano impregnati di sudore e ormai le mani non le sentivamo più, cosi decidiamo di scendere seguendo la strada "maestra" sulla cresta W che in quel caso poteva essere percorsa solo da chi nella sua esperienza la conosce molto bene data l'assenza di punti di riferimento. Su quel versante il vento sferza delle raffiche impressionanti, la mia faccia è quasi viola e ormai i guanti sembrano inutili, finchè giunti alla "stazione idrometereologica" scendiamo di quota e già a 1700 metri lo scenario della nebbia ci abbandona. Lungo il sentiero 113 verso il Colle del Leone ce la prendiamo con calma, godiamo del tempo e dell'ebrezza di questa giornata e ci riposiamo su di una rupe per circa 45 minuti nell'intento di respirare fino in fondo questa avventura.
Al Colle poi per i piani dei Vaccari e dell'Acernese, immersi in un sole freddo che ci condusse all'auto, con la quale di li a poco ci saremmo spostati sull'Altopiano Laceno per riscaldarci con una cioccolata calda e un buon cappuccino.

mercoledì 10 settembre 2008

28 Settembre Raduno-Escursione al Monte Cervialto

Il giorno 28 Settembre, salvo condizioni metereologiche avverse, l'Associazione Girogustandocampania propone un'escursione comune al Monte Cervialto per tutti i soci e non solo. Per l'escursione sono richieste preparazione fisica ed attrezzatura adeguata e il tutto ovviamente è a responsabilità propria, l'associazione declina da ogni responsabilità.
Il Raduno è previsto presso la Fontana Sorgente della Tronola sul Lago Laceno nei pressi dell'Area di Servizio per le ore 8.15 - 8.30. Per le ore 8.45 - 9.00 invece proseguimento verso il Colle del Leone dove lascermo le auto per proseguire a piedi lungo il sentiero che congiunge alla vetta del Cervialto. L'escursione è di media difficoltà, abbastanza lunga, della durata di 3 ore o 3 ore e mezza con un dislivello in salita di 600 m. Occorre oltre ad una buona preparazione fisica, uno zaino, scarpe da trekking, 2 bottiglie d'acqua, 2- 3 panini e qualche cornettino (zuccheri).
Per partecipare a livello associativo è necessaria la prenotazione tramite e-mail all'indirizzo info@girogustandocampania.it , per informazioni rivolgersi personalmente a me (Angelo Mattia Rocco) allo stesso indirizzo.
Le prenotazioni saranno aperte fino al 24 Settembre. Nei giorni successivi a seconda delle condizioni meteo si deciderà la partenza sicura o l'eventuale rinvio.

07-09-2008 Cervarolo:il tassello mancante

Ovviamente tutto avrebbe fatto pensare ad un addio o ad un lungo arrivederci con quel pianoro diventato un "simbolo" della nostra associazione, eppure ciò che resta dentro ad ogni momento è sempre pronto a riuscire per concrtizzarsi e realizzarsi. Una domenica apparentemente tranquilla ma con l'accenno al nervosismo dell'aria e non solo; converrebbe date le premesse restare a casa, partecipare alla vita quotidiana che ormai da diverse "feste" manca, ma la montagna chiama, urla e non possiamo che ascoltarla.
La fontana della Tronola come al solito immagine fissa di un viaggio-ricordo mi riappare davanti e con il suo gocciolio sottile riempie le bottiglie che vi portiamo ogni volta e noi beviamo quell'acqua come un filtro, un elisir che ci proteggerà lungo il cammino. Il cielo umidissimo, le goccioline d'acqua si tramutano in sudore e solo di tanto in tanto la "nostra stella" fa capolino, ma quando si è già ad altezze rilevanti e sopratutto alla quota magica di 1100, su un altopiano a te noto è impossibile tirarsi indietro. Il cammino a differenza del solito non parte dal duro asfalto ma per ferma decisione del collega Walter si sosta dinanzi ai tavolini e alla fresca fontana del Campeggio Zauli, posto divenuto ormai familiare e dal sapore ormai antico. Gli alberi iniziano ad avere una "faccia" stanca, c'è già chi si fa la tinta e inzia a mostrare ciocche colorate vanitosamente, altri invece ostentano giovinezza e sopratutto potenza ma si percepisce che sono al calar della loro eccellenza. Le pietre della carraia diventano molto grige, la luce cala, il bosco si infittisce e il sentiero come ovvio si perde tra i faggi mentre il vallone attraversato il martedi comincia a divenire tetro. Il caldo avvolge il bosco, lo riusciamo a vedere con gli occhi e sopratutto ci rendiamo conto di quando ci abbaracci, ma non è una fusa amichevole. Dopo tutto però, la natura ti accoglie e ti respinge, bisogna saperla conoscere ed è necessario assecondarla e farvi amicizia e probabilmente le "lamentele" di un nostro amico disprezzante di rami e foglie non fanno altro che accentuare questo astio. I tornanti si inerpicano e la strada sembra sempre più coperta come se dall'alto qualcuno si fosse smosso i "capelli" che però vengono puliti più in alto dai più giovani che nella loro tenera età si raggruppano ai bordi della mulattiera per scherzare con noi. Ovviamente il tratto è come l'altra volta affascinante, l'unica acqua rimasta giù si nota come una piccola chiazza e Giamberardino ci saluta di nuovo volgendo a noi però lo sguardo torvo e nervoso. La luce è praticamente sorpassata dalla nuvolaglia e al fermarsi del caldo, il vento freddo ci raggiunge per sollevarci ma d'improvviso la pioggia ci prende di sorpresa. Il tempo cambia, l'autunno si assapora ancor di più e finalmente proviamo le attrezzature di emergenza. Scavalchiamo i rami che ci sgambettano e usciamo allo scoperto con le mantelline ed i coprizaini e ossrvando quelle che io definisco "gobbe" e non creste ci avviamo su quel "bruco" roccioso per raggiunger il suo addome curvo verso l'alto nel momento di massimo sforzo. Il passaggio iniziale è allo scoperto ma subito incontriamo la presenza di un boschetto sul costone, all'inizio non concentrati ci fermiamo ma come un lampo si accende l'idea di attraversare un albero bruciato dai fulmini e superata quella porta il terreno si "batte" come un vialetto di gnomi o elfi nel verde e nella pace di un caratteristico boschetto. Il regno della tranquillità che si aggiunge all'uscire del sole che ci riscalda e ci costringe a togliere ciò che avevamo indossato per proteggerci dall'acqua.
All'uscita dall'idilliaco loco si aprono le altre gobbe e notando una vetta alta sorpassiamo altri alberi puntando verso il basso e risalendo, raggiungendola; ci rendiamo subito conto di non essere al culimine e cosi riscendendo e risuperando altri clivi boscosi giungiamo sulla vetta del luogotenente Cervarolo, colui che aiuta l'imperatore Cervialto nel lavoro di guardia contro le intemperanze dell'uomo.
La gobba principale ci sostiene a tre, con Adriano e Federico soddisfatti ed io entusiasmato ancora una volta da quel fazzoletto d'Irpinia visto da un'altra angolazione, vorremo stare li ancora molto ma la vista del "gigante" ci fa subito capire che Giamberardino richiama all'oridine per proseguire "lo passo antico". Ritorniamo velocemente al punto sbagliando anche leggermente strada ma raccapezzandoci subito e cosi su per i faggi chini e i crinali scoscesi, incontrando anche un amico serpente di sfuggita nel tronco di un albero, giungiamo sul dorso del sovrano e con una corsa immane tocco per la ottava volta la sua corona, li sulla sua vetta.
Pnso e ripenso agli altri giorni, alle avventure, alla neve, al Maggio freddo, alla nebbia di Luglio, al cielo terso di Agosto, alla prima volta di Settembre e non riesco a staccarmi da quelle rocce e da quel libro di vetta che ormai per me è come un confidente, un diario personale custodito da colui il quale più di un lucchetto manterrà i miei segreti lasciandoli leggere solo a chi avrà la forza di giungervi; e chi avrà questa passione di sicuro non potrà rimanere distante e non sarà persona disfattista da cancellare ciò che è stato fatto.
Cervialto ormai ti conosco, mi rendo conto della tua "vita" e ci credo davvero al fatto che in fondo percepsici la nostra presenza, ma sopratutto vedo al cielo e sento colui che nell'eternità e nell'antichità ti creò, cosi alto e lontano da noi per far si che salendoti e scalandoti potessimo ammirare il Suo Creato.

martedì 9 settembre 2008

Campeggio Zauli - Cima Cervialto 02-09-2008 (Sostituzione libro di vetta)

Ultimamente il tempo è stato tiranno e non ho avuto possibilità di aggiornarvi sulle nostre avventure, ma questo pomeriggio mi sembra adatto e cosi sono qua per "regalarvi" l'emozione vissuta il 2 Settembre in compagnia dell'amico Federico. La settimana prima ci eravamo lasciati con la mia sesta volta al Cervialto e la storia continua perchè da allora altre due volte sono stato in cima, ma con delle differenze che ora vi spiegherò.
La mattina del 2 Settembre parte con presupposti completamente diversi, dopo un anno dalla scoperta di questa cima e dopo essermi affezionato alle sue creste da socio del CAI chiedo se è possibile sostituire il libro di vetta che ormai è al termine e Sandro ci da fiducia consegnandoci il quadernino nuovo con tanto di scritte e di adesivi ufficiali. Ma nonostante l'impegno affidatoci e nonostante la voglia di battere il mio personale record di raggiungimento in un anno, non abbiamo voglia di arrivare in cima dal solito posto con la sicurezza di giungervi, ma tentiamo una nuova strada mettendo in conto di poterci fermare per assenza di sentiero. L'obiettivo di giornata è l'intero sentiero 113 del CAI partendo dall'Altopiano Laceno esattamente dal Campeggio Zauli, ma noi convinti di ciò che stavamo facendo e vogliosi di avventura lasciamo l'auto all'imbocco di via Sorgente Tronola e proseguiamo a piedi su strada asfaltata fino al Campeggio Bruno Zauli. Dal Campeggio parte ufficialmente il sentiero ed è facilmente rintracciabile percorrendo la strada che va verso il Piano l'Acernese e girando a sinistra sul primo ponticello verde (con tanto di segnalino rosso bianco e scritta 113) che conduce su una carraia. Dapprima non convinti della decisione per l'assenza di segni, continuiamo per questa strada scorgendone qualcuno eroso dal tempo. Questo è un sentiero "vecchio", non battuto da diverso tempo e soprattutto lasciato come fu fatto la prima volta a livello di segnalazioni, ma l'essenza del Cervialto va respirata e a me stuzzica questa via. La carraia dapprima ciottolosa ad un tratto si interrompe in mulattiera e sbagliamo anche direzione perchè facendoci prendere dalla semplicità del percorso non ci rendiamo conto inizialmente che il sentiero prende una netta piega sulla sinistra all'interno di un fitto bosco, tra rami, foglie e faggi spettacolari. Il manto di foglie accarezza i piedi, ogni tanto qualche ramo ci fa inciampare e la pendenza non è delle più semplice, i segnali fanno capolino ogni tanto sulle cortecce fino ad un vallone che costeggeremo per qualche metro. Dal vallone successivamente ci sposteremo vero l'interno ricongiungendoci su una mulattiera che lasceremo sulla destra e proseguendo nel bosco con un cambio di salita repentino in una piccola traccia di sentiero che fa serpentina tra rocce e rami con tornantini entusiasmanti. Siamo gasati, saliamo molto veloce e rimaniamo colpiti dai giochi di luce che il sole fa tra i rami , ma all'improvviso ci ritroviamo alla fine di questa salita su una mulattiera larga a doppio proseguimento. Le possibilità sono due continuare sulla destra o proseguire sulla sinistra, ma sia il buon senso che la cartina ci fanno prendere decisi sulla sinistra fino ad una piccola radura dove il sentiero al fianco del canalone-vallone riprende fitto e pendente. Si attraversa una faggeta giovane molto basse e in questo tratto i segnali non ci sono cosi dopo qualche minuto di cammino ne ritroviamo uno e proseguiamo tranquilli. La vegetazione cambia, i faggi diventano più alti e alle spalle ora è possibile scorgere il Lago e l'altopiano Laceno e quando questi non saranno più visibili si aprirà dinanzi a noi una faggeta dalle radici particolari, simile alla tana del lupo del Polveracchio, che ci fa capire che siamo arrivati alla Valle di Giamberardino. Da questa valle davvero caratteristica ci spostiamo fuori pista per un attimo allo scoperto raggiungendo le creste di Cervarolo ma evitando di salirvi sopra lasciandocelo per la prossima avventura. Cosi, ritorniamo sul sentiero, attraversiamo un'altra giovane faggeta fitta e bassa finchè la strada non si apre su un bosco dai faggi chini (stile Terminio) che in alcuni metri ci conduce al Varco di Giamberardino ad oltre 1500 m, dal quale poi con una deviazione netta sulla destra prosegue il sentiero verso il Calancone e le coste di Cervialto. Il sentiero ora diviene altamente complesso per l'inclinazione, ma il passo è davvero impressionante e anche dove il bosco si stringe fitto noi passiamo velocissimi incuranti di tutto e tra arbusti, fogliame e canalini scivolosi finalmente scorgiamo il cielo azzurro tra gli alberi. Alla vista del cielo lasciamo il sentiero e tagliamo dritti, sbuchiamo su una valle verde, un prato stupendo di fronte il Cervarolo e il Cervarulo e le coste di Cervialto ora ci sembrano cosi vicine che la fatica si perde e comincia l' "arrampicata" finale verso il "trionfo". L'erba è alta ed è un periodo eccezionale questo per i Picentini, dove la secchezza non si è fatta viva e tutto è rimasto verde al contrario del giallo e del secco del 2007. Il passo in quell'erba alta era abbastanza pesante ma la vista della struttura in ferro del punto trigonometrico mi fece sentire più forte e in men che non si dica vi giungemmo posando zaini e attrezzatura prima di aprire il faretto dove vi è posto il libro di vetta.
L'emozione è fortissima, apro il "cofanetto", prendo la penna, leggo la mia ultima avventura e sull'ultima pagina a disposizione scrivo il resoconto della giornata e l'emozione che avevo nel compiere quel gesto che facile e banale all'apparenza per me significava molto. La firma su quell'ultima pagina e il ringraziamento a Sandro fanno da cornice al rituale del cambio, dove Federico prendendo il quaderno nuovo dallo zaino lo consegna nelle mie mani ed io riscrivendo l'avventura e rifirmando lo pongo a custodia del "mio" Monte.
La missione è stata superata, l'esito positivo, l'entusiasmo e alle stelle e la giornata è di quelle difficili da dimenticare. Siamo solo da 2 giorni nel mese dell'autunno e qui sopra già si respira quell'aria frizzantina di inizio Novembre, il vento freddino, il sole pallido e la vallata dormiente conciliano la pace del corpo e cosi sdraiati su quelle rocce e poggiano la testa con un cappello sul viso riposiamo per circa 45 minuti nel silenzio totale. Ed ancora una volta ciò che dentro si prova è ancor diverso e penso che mai ci sarà giorno in cui una cima mi darà sensazioni di stanchezza e di ripetitività.
Il riposo è rigenerante, la giornata passava tranquilla ma noi non avevamo fretta e ancora per un'altra mezz'ora decidemmo di stare li in compagnia della natura finchè dopo aver mangiato non prendemmo via verso le cresta Sud Occidentali e attraversata la Conca ci rifermiamo alla capannina per assaporare di nuovo la "quota". Lungo le creste la sensazione di percorrere un giro da anni come in un film che al girar della pellicola ti fa ricordare tutti i momenti vissuti e tutte le emozioni che basta stimolarle per riviverle. Mi giro di tanto in tanto per osservare ciò che osservavo sempre salendo dal Colle del Leone ed è tutto cosi particolare ed unico che non mi stancherò mai di ripetere la sua unicità.
Discesi dalle creste poi ci rilassiamo camminando nel sottobosco di quelle alte faggete, tra i tornanti aperti al Polveracchio e le distese di erbe dove in Luglio vi spadroneggiavano le fragoline di bosco e a Filicecchio come per magia e per l'ennesima volta sento gli alberi "parlare" e scommetto che in quell'istante qualcosa su di me la stavano pensando e spero non in negativo. Dispiace solo che stavolta la solita sosta non c'è stata ma abbiamo proseguito dritti e veloci fino alla sbarra dove però stavolta abbiamo cambiato rotta e siamo scesi all'interno del bosco sbucando al Piano dei Vaccari e dal Piano dei Vaccari dritti in un altro bosco eccezionale e somigliante ai Temponi del Cervati (solo più basso) uscendo poi al Piano L'acernse esattamente sotto l'albero che ci apparve dopo la disavventura il 16 Settembre del 2007. Sotto quest'albero foto ricordo e una chiacchierata di rilassamento ma poi continuando ancora per i prati passiamo per i fontanili in pietra (senza acqua) e giungiamo "purtroppo" alla fine del sentiero e imbocchiamo la strada asfaltata che percorreremo per circa 2 km fino al Campeggio Zauli, dove ovviamente ci ricongiungiamo alla via Cervialto per poi riprendere via Sorgente della Tronola e arrivare alle auto.La giornata escursionistica volge al termine ma non certo quella dello sforzo e della fatica dato che ci attendevano le nostre bici da corsa e attorno all'anello del Laceno altri 60 km avrebbero messo fine a quella che è stata un'avventura, un'emozione e un ricordo che vivranno limpidi e vitali per sempre nel nostro animo.