lunedì 21 luglio 2008

20-07-08 Colle del Leone - Cervialto: l'autunno in estate

Cervialto ancora una volta meta delle nostre avventure appenniniche! A molti potrebbe sembrare strano il continuo salire su monti già visti, eppure vi assicuro che nulla è più entusiasmante di rivedere e riassaporare ciò che mai davanti ai vostri occhi si mostrerà uguale. Ogni mese e perfino ogni settimana un sentiero cambia, e a maggior ragione cambia un monte alto 1809 m che risente particolarmente dei fenomeni atmosferici e delle stagioni.
Questa volta con noi oltre al fedelissimo Walter ci sono altri due amici, Peppe e Dalibor (alla sua ultima escursione campana dell'anno). Come al solito la base per la nostra partenza è l'altopiano Laceno, e ancora una volta il Colle del Leone è il punto principale per l'ascensione al Monte più alto dei Picentini. Ancora una volta quindi il sentiero 113 del CAI anche se, dopo la disavventura del Settembre 2007, c'è l'intenzione di riprovare a percorrere quella strada interna e scalare la "parete" del Cervialto da un versante più aspro e molto più "divertente".
Giornata serena e tranquilla al Piano e al Colle, una foto di gruppo per cominciare il cammino e su per la mulattiera che purtroppo in un anno ho trovato giorno per giorno peggiorata, forse a causa dei fuoristrada e delle escursioni in Quad. Il sentiero è molto ciottoloso, dissestato e per chi non possiede le scarpe da trekking è davvero un "calvario". Ma la voglia di raggiungere cima non ci permette di soffermarci su questi "dettagli" e cosi tra una chiacchiera e l'altra e il solito fuori pista sul belvedere del Piano l'acernese, raggiungiamo il Valico di Filicecchio dove poniamo per un attimo il nostro campobase. In questo periodo la natura è davvero generosa; origano, timo, fragoline di bosco e alberi verdi che si slanciano verso l'alto e si illuminano al sole ci regalano uno scorcio "idilliaco" da conservare gelosamente nelle nostre menti. Per una decina di minuti sediamo su alcune rocce lisce e con lo sguardo adocchiamo alcuni funghi che purtroppo o per fortuna non sappiamo riconoscere e prima di ripartire ci soffermiamo anche ad ascoltare il bosco per "capire" le sue intenzioni. Intanto il cielo si copre e da un'unica nuvoletta nel cielo azzurro ora regna il grigio e l'omogeneità. Inizio a sentire un po di turbolenza nella spedizione, tra chi è convinto della pioggia e chi invece ormai è deciso a raggiungere la meta anche a costo di bagnarsi, anche se convinto che il tutto filerà liscio senza intoppi.
Filicecchio si allontana, la strada è ancora abbastanza lunga, siamo a circa metà salita dai 1500 ora l'obiettivo è la fine del sentiero e l'inizio della cresta per poter tirare di nuovo il fiato e intraprendere la scalata finale. Attraversiamo il bosco di faggi più interessante del comprensorio, rimaniamo affascinati ancora una volta da quei fusti altissimi e dai cespugli fittissimi che a destra e sinistra del sentiero delimitano la "linea dei faggi" e cosi dopo altre due curve giungiamo all'imbocco delle creste. Riposiamo giusto cinque minuti, osserviamo il cielo ancora più cupo e via per la prima cresta. Sulle rocce la vegetazione stranamente è fittissima, di solito già in Giugno assisitiamo a uno scenario secco e brullo, ma forse le piogge di questo 2008 hanno reso la natura forte e vigorosa e cosi siamo costretti (con un certo impaccio) a solcare queste erbe infestate da simpatici grilli, da cavallette e da ragni molto grandi. Ogni tanto qualche vespa e qulche bombo e purtroppo anche sciami di mosche cavalline che ovviamente cercavano di posarsi addosso.
Superata la prima cresta, ci apprestiamo ad un tratto di pianura prima della cima e superata la pianura non ci resta che tirare dritti per la montagna e seguire non più i simboli del CAI ma il cielo. Il lato esposto verso il Piano Migliato è ancora una volta il più affascinante, da sapore alpino, con macchie di alberi aggrappati alla parete che sembra cadano da un momento all'altro, eppure sono li da anni. Il Monte Eremita Marazano immerso dalle nuvole, gli Alburni invisibili e girandoci notiamo mal appena il Raiamgra, mentre Lattari, Terminio e Accellica sono avvolti nel "nero". Verso la piana si scorge in una piccola schiarita il Monte Castello e Bellizzi.
La salita sta per volgere al termine e pian piano spunta il tetto della casupola-ripetitore radiofonico sulla vetta. Siamo arrivati, posiamo gli zaini e osserviamo (la 4° volta per me, la 3° per Walter e la 1° per Peppe e Dalibor) la conca "vulcanica" del Cervialto rivestita di un colore ancora assente nella mia "collezione fotografica". Sulla vetta consumiamo il nostro inseparabile panino, assaggiamo l'acqua presa alla sorgente della Tronola e dopo le foto di rito ci avviamo all'anticima su per le cresta meridionali per raggiugnere il libro di vetta. Le soprese stavano per cominciare; d'un tratto il cielo si copre sempre più, sale la nebbia dalle vallate, si alza un vento freddo e tutto intorno scompare avvolto dalle nuvole basse: è lo spettacolo naturale più entusiasmante a cui abbia mai assistito su questo monte. La nebbia che saliva e si invorticava regalava agli occhi uno spettacolo raro, forse unico dato che molti non sarebbero neanche salito con questo tempo, eppure chi non tenta queste avventure non scopre mai cosa si cela in quelle cime che a volte dalla pianura vediamo immerse nelle nuvole. A volte pensiamo che sta piovendo in motagna, che li ci sarà temporale eppure Domenica abbiamo vissuto in diretta ciò che l'appennino diventa durante queste manifestazioni di sfogo del calore.
La visuale si è abbassata di tantissimo, era difficile perfino vedersi uno con l'altro ma continuamo lo stesso la nostra passeggiata osservando le rocce e in men che non si dica siamo al punto trigonometrico. Con la stessa emozione di sempre apro il cofanetto per prendere il libro di vetta e poggiandomi su un sasso inizio a descrivere la nostra giornata e dopo 3 pagine lascio la mia firma e quella dei nostri amici. Riposto tutto nel cofanetto odiamo un tuono ed è quello il segnale che ci fa capire che forse la montagna non ci desidera e che quindi dobbiamo lasciarla e cominciare il percorso verso il Piano Laceno.
Cosi di nuovo per le creste e verso Filicecchio dove con nostra sorpresa voltandoci alla vetta notiamo che il cielo ormai era pulito e sgombro da qualsiasi nube, un segno inequivocabile che a comandare è la natura e l'uomo non può far altro ceh rispettarla, viverla e rassegnarsi ai tempi che essa detta.

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