sabato 16 agosto 2008

Due giorni tra gli Alburni: dall'Urto Falcone al Casone Aresta

La prima volta che il termine "Alburni" fu nominato da noi in maniera più decisa e convinta è stato quel fatidico giorno sul Cervialto dove per la prima volta a 1800 metri osservammo le creste nella loro imponenza. Da quel giorno si parlò di traversate, di semplici escursioni, di località, si iniziarono a studiare cartine e man mano che si parlava si sognava la vita montana. L'idea di dormire tra le "montagne del silenzio" sembrava un qualcosa di irrealizzabile non tanto per questioni logistiche ma perchè gli Alburni da tutti cantati e lodati sono anche conosciuti come montagne impervie e "terrificanti". Ma da Febbraio ad oggi è stata una lenta e lunga preparazione ai sentieri "calcarei". Il Vuccolo dell'Arena prima, il Panormo poi, il La Nuda e finalmente la spedizione inizia a considerare seriamente l'impresa. Il 13 mattina io, Federico e Lello preparati psicologicamente da una settimana decidiamo di tentare questa sorta di traversata con un programma ben preciso e definito che ci permetterà di visitare tante cime e tante località a noi ancora sconosciute. La spedizione è "armata" fino ai denti, ogni zaino pesa sui 50 kg e con noi abbiamo tutta l'attrezzatura necessaria. I viveri sono stati studiati a tavolino, abbiamo con noi scatolame vario, panini, 4 l d'acqua a testa, cornetti e zuccheri vari, pasta per il secondo giorno. Dal punto di vista tecnico invece torce frontali, scarpe da trekking, materassini per la notte, tenda divisa tra i tre membri, corda, pronto soccorso, bussola, cartina, moschettoni, maglione pesante, crema solare e tant'altro ancora. Siamo decisamente pronti e alle 6.30 partiamo da Bellizzi in direzione Ottati verso il Rifugio Panormo. Prima di arrivare ad Ottati però ci fermiamo per un attimo alla splendida fontana di Postiglione per prendere un sorso d'acqua e rilassarci prima del grande evento. Dopo la sosta alla fontana ultima fermata ad un bar nel paese di Ottati per un ultimo caffè "cittadino" e poi dritti verso quegli 11 km di strada che conducono ai Pianori del Rifugio Panormo. La strada sembrava scorrere più del solito e lo spettacolo era davvero supremo, il cielo azzurro e nitido e dalla località Timpa del Prato si notavano tutte le creste ed in lontananza il mare che faceva un tutt'uno con il cielo. Una giornata che dava la carica già da subito e quindi consapevoli di aver scelto un giorno "interessante" continuiamo a guidare fino al Vuccolo della Carità e da qui verso il Rifugio Panormo dove posiamo l'auto e ci carichiamo per iniziare la "passeggiata". La direzione del primo giorno è all'interno del bosco di Ottati per raggiungere il Monte Urto Falcone mai esplorato da noi fin ora. Passiamo dal Rifugio per avere alcune informazioni e dal Rifugio prendiamo la strada al fianco dei Pozzi Farina che ci conducono alle prime radure. Dalle prime radure il passo è breve verso la prima deviazione che su per la montagna prendendo il S.I. (sentiero Italia) conduce al Vuccolo dell'arena e dritto alla Fonte di Lauro Fuso. Ovviamente consci della nostra meta giriamo per il Sentiero Italia e da li in circa quindici minuti, soffrendo leggermente per il peso dello zaino giungiamo al Vuccolo dell'Arena a 1526 m di quota. Al Vuccolo ci prendiamo una piccola sosta, il tempo di bere un sorso d'acqua e di mangiare un piccolo cornettino per poi riprendere subito in direzione dei Pozzi del Secchietiello. Ovviamente la giornata era appena iniziata e noi prima di arrivare a destinazione decidiamo di prendere un'altra deviazione scendendo verso le sette votate per conoscere una parte di sentiero verso Sicignano che non avevamo ancora esplorato e poi tornando indietro su un punto scoperto che svettava tra le lame del Vuccolo e la piana sottostante. Da questa loggetta, da questo belvedere scendiamo ben presto dopo aver scattato qualche foto e riprendiamo il sentiero all'interno del bosco fino ad arrivare in una radura principio di inghiottitoio che dapprima aggirata e poi attraversata ci conduce in un punto scoperto dal quale si notano svettanti le creste dolci del Tirone e quelle impervie e prepotenti del Monte Urto Falcone, nostra prossima meta. Da questo punto scoperto lasciamo il sentiero per un po camminando per creste tra alcune felcete costellate da ciuffi di origano e poi puntando di nuovo nel bosco cerchiamo di ricondurci alla mulattiera che da cartina dovrebbe condurci ai pozzi del Secchietiello. Per un attimo continuiamo nei nostri fuori pista, saliamo sulle creste e riscendiamo nel fitto del bosco fin quando ad un certo punto incrociamo un altro sentiero (probabilmente proveniente dal rifugio Varroncelli) e dopo questa deviazione giungiamo finalmente ai Pozzi del Secchietiello. Ai Pozzi incontriamo alcuni escursionisti di Battipaglia con i quali scambiamo qualche chiacchiera e tra una parola e l'altra decidiamo di sederci sotto uno splendido faggio ed ammiriamo il paesaggio rustico ed uno spettacolare albero secco che domina la radura. La chiacchierata è molto piacevole, si discute sui vari sentieri, sulla passione per la montagne e sulle mucche che di tanto in tanto venivano a farci visita. Il posto era davvero molto fresco, considerato il peso degli zaini ed il sole molti avrebbero preferito rimanere fermi, ma il tempo passava e cosi di colpo ci alziamo e riprendiamo il cammino. L'idea iniziale era quella di salire direttamente dalla radura prima del Secchietiello in direzione del Tirone, ma poi decisi ad esplorare di più la zona proseguiamo in un altro bosco seguendo il sentiero del CAI. Camminiamo per molto tempo salendo di pochissimo, si procede quasi sempre in piano tra faggi e qualche quercia e solo ogni tanto il sentiero dava l'impressione di prendere subito quota verso l'Urto Falcone ma non era cosi. Passa un'ora ed oltrepassiamo un campo di rocce calcaree alte e spettacolari finchè ci rendiamo conto di essere andati oltre e ci fermiamo per dare uno sguardo alla cartina. Effettivamente avevamo camminato troppo e i sentieri ci avevano condotto dopo le Rupe Ferinte sotto la Spina dell'Asino. Un po di sconforto ci prende, volevamo l'Urto Falcone e sembrava impossibile conquistarlo, ma in ogni caso ora bisogna tornare indietro e cosi riprendendo la strada verso il basso torniamo nella radura del Secchietiello. Il tempo scorreva, erano già le 12.50 e noi eravamo consapevoli che il nostro ritorno era obbligato alla Fonte di Lauro Fuso cosi decidiamo in base al sole il da farsi e la decisione non tarda ad arrivare. Dal Secchietiello si taglia ad azimut sul crinale in direzione del Monte Tirone e cosi facendo passando per il bosco e per le felci giungiamo sui gradoni di roccia. Da questi gradoni proseguiamo puntando ad occhio il Tirone finchè troviamo delle tracce di sentiero, ci riconduciamo ad esso e in breve tempo giungiamo al Varco del Tirone a 1452 m e al sentiero che porta a Sicignano. Dal Varco sempre ad azimut via verso la cima e cercando in tutti i modi di evitare le rocce più alte in altri quindici minuti riusciamo nel tentativo di conquistare il Monte Tirone. Al Tirone (1556m) la sosta è d'obbligo come le foto di rito e lo spettacolo della vallata e del mare è davvero impressionante. Alle 13.30 un sole splendente e umidità inesistente permettevano di far vedere ad occhio nudo i monti più lontani e la costiera amalfitana, un angolo di paradiso espostissimo che usiamo per rilassarci e per consumare un panino e bere l'ultima acqua dei primi due litri. Gli zaini ci avevano piegato le spalle ed era ora di svuotarli leggermente, il sole picchiava forte su di noi e il tempo continuava a scorrere ma l'Urto Falcone sembrava più vicino nella sua possenza e in me e Federico regnava comunque la voglia di raggiungere l'obiettivo che ci eravamo prefissati. Purtroppo in questi casi bisogna essere lucidi e soprattuto coscienziosi al tal punto da saper rinunciare ai propri desideri, ma quella vetta era li a portata di mano e cosi chiediamo a Lello di aspettarci sul Tirone mentre noi a passo svelto tentavamo di raggiungere l'Urto. L'escursione inizia a prendere una piega decisamente più "ardita", tra uno sguardo all'orologio e uno alle creste la tensione "sale" ma bisogna farcela e dopo circa dieci minuti giungiamo sulla prima cresta a quota 1551, mancano ancora 100 metri di dislivello ed un'altra cresta che ci porta ai 1584 da dove svetta il temibile Urto Falcone. Dalla seconda vetta non riusciamo ad identificare una via per salire di quota, le rocce sono lisce ed alte, sembra non esservi nessun varco eppure da qualche parte si dovrà pur salire. Pensiamo di posare gli zaini e continuare dritto per aggirare l'ostacolo ma il sole iniziava a calare (seppur di pochissimo dato che siamo alle 14.30) e noi avevamo il pensiero a Lauro Fuso, cosi determinatissimi ci arrampichiamo in alcuni tratti dove uscivano degli appigli sicuri e con uno sforzo non indifferente saliamo un dislivello di circa 100 metri in poco tempo e finalmente siamo in vetta all'Urto Falcone (1661 m). Soddisfazione immensa e grande gioia, l'altra vetta è conquistata, gli obiettivi della giornata sono stati marcati con il "visto", ma adesso è ora di scendere in fretta e di riprendere via verso il Vuccolo dell'Arena. La discesa è ardua, cerchiamo gli stessi punti di prima ma non li troviamo e cosi discendiamo da una parete più pendente della precedente voltandoci di spalle e appoggiando il corpo sulle lame calcaree scendendo con le gambe per trovare appoggi. Dopo alcuni minuti finalmente siamo ai piedi del bastione e in men che non si dica giungiamo di nuovo al Varco del Tirone da dove tirando per il bosco arriviamo ai Pozzi e riprendiamo il sentiero. Ancora una volta i segni "tentano" di portarci in altro "loco" ed infatti per alcuni metri proseguiamo verso Varroncelli, ma subito ci rendiamo conto che non è la strada giusta e ritorniamo ad un grande Faggio preso come punto di riferimento e saliamo sulle creste di nuovo tra le felci. Dalle felci ancora ad occhio verso il Vuccolo dell'Arena, fino ad un punto oltrepassato la mattina che si estende su un crinale dove a farla da padrone è un albero di quercia. Riconosco subito il punto e ricordo alla perfezione come l'avevamo raggiunto e in questo istante puntiamo nella radura e nel bosco dove finalmente passando al fianco di un inghiottitoio ritroviamo il sentiero CAI e in circa venti minuti giungiamo al Vuccolo dell'Arena dove ri-sostiamo. Ancora un sorso d'acqua e un morso ai cornetti per poi proseguire in direzione opposta al sentiero che conduce alla cima del Panormo verso la deviazione del sentiero Italia. Dal bivio questa volta prendiamo nella prima radura che apre al sentiero di Lauro Fuso e cominciamo a camminare molto stanchi in questi pianori tra faggi altissimi e alcune doline. Si aprono diverse radure e diversi pianori finchè in un tratto si entra nel fitto del bosco per evitare una mulattiera e nel bosco oltrepassato un guado fangoso e pieno di insetti giungiamo ad un cartello che ci indica Lauro Fuso a venti minuti. La stanchezza si faceva sentire sempre di più ma ormai il punto principale era quasi raggiunto ed infatti (nonostante i 20 minuti del cartello) in cinque minuti siamo alla vallata e alla Fontana di Lauro Fuso a 1372 m. In un primo istante da lontano notiamo solo la vasca ma non sentiamo e non vediamo acqua che scorre, ci prende un po il "panico" ma man mano che ci avvicinavamo sentivamo il rumore e arrivati a destinazione vediamo anche un sottilissimo ma utilissimo filo d'acqua. Il primo giorno giunge quasi al termine e noi dobbiamo porre il nostro campo base in questa radura. Riempiamo con molta lentezza (per via dell'acqua lenta) le nostre bottiglie e ovviamente ci sciacquiamo e laviamo la faccia e le mani. Federico inizia a preparare il terreno per porre la tenda, Lello prepara il cerchio di pietre e i rametti per accendere il fuoco ed io giro per la radura a cercare ceppi secchi e ideali per trascorrere in tranquillità la nottata davanti al nostro "falò". Fortunatamente il terreno per la tenda è ideale e Federico impiega pochissimo a montarla, la legna secca è presente a quantità industriali e con lo stratagemma (idea Federico) della barella di legno riusciamo a trasportare tantissimi rami in pochissimo tempo al "cerchio di pietre". Lello rapidamente accende il fuoco e per la prima ora si impegna ad alimentarlo mentre noi continuiamo a portare materiale da combustione nei pressi della "base".
La notte stava per scendere a Lauro Fuso, alcune mucche si avvicinano alla vasca prosciugandola e noi accendiamo le torce frontali e ci sdraiamo intorno alla "legna" a guardare il cielo stellato mentre la luna illuminava parte dalla radura e Federico ci "dilettava" con frasi di Nietzsche sulle virtù e gli ideali dell'uomo. Quando la Luna si allontana dalla vallata, il cielo diventa più scuro e le stelle si moltiplicano, Lello si reca in tenda e noi due continuiamo ad alimentare il fuoco e a parlare finchè presi dal sonno e soprattutto presi dal pensiero del giorno dopo decidiamo di andare a dormire ma prima però costruiamo un altro cerchio di pietre attorno al primo, molto più ampio e robusto in modo da poter bruciare tutta la legna e restare sicuro per la notte. Il primo giorno quindi volge al termine con 7 ore e 15 minuti di camminata effettiva 815 metri di dislivello in salita e 795 m in discesa ad una velocità media ascensionale di 6 minuti al metro sia in ascesa che discesa.
La notte in tenda non è certamente delle migliori, si sta freschi ma strettissimi, i sacchi a pelo sono ingombranti e il terreno ovviamente non è un materasso, d'altronde è la prima volta che dormiamo cosi ed è normale che avessimo qualche problemino nell'adattarci. Ogni tanto sentivamo qualche rumore di rami che si rompevano e il verso di civette e gufi che solo di notte fanno ascoltare il loro canto, ma noi eravamo tranquilli e per diverso tempo ci ha fatto compagnia anche il rumore dei campanacci della mucche che probabilmente si erano fermate nei pressi del Lauro Fuso. Quando prendevamo un po di sonno subito ci risvegliavamo ed io cercavo di scorgere dalla tenda sempre un raggio di sole pronto ad immortalare l'alba degli Alburni che ancora manca alla mia collezione. Il pensiero della giornata trascorsa, la voglia di continuare il giorno dopo e la passione immensa per la natura mi portano a svegliarmi alle 5.10 con forse due ore di sonno e dopo aver messo le scarpe ed indossato il pantaloncino corto mi reco al fuoco ormai spento per riaccenderlo e ridare calore alla vallata. L'aria è fresca, non c'è affatto umidità, la fontana è sempre "dormiente" e il sole iniziava ad illuminare leggermente le cime calcaree, ma la scena più suggestiva per me rimane quella del fuoco che si alza verso il cielo azzurro come a cercare di risvegliarlo e di dare il buongiorno alla spedizione. Alle 7.15 siamo tutti in piedi, è l'ora della colazione che ognuno di noi fa a modo suo. Federico prepara il latte di Soia, Lello mangia qualche fetta di torta e prepara il caffè, io (a prima mattina come si suol dire) preparo un saltimbocca alla brace con una scatoletta di tonno ed in un attimo siamo tutti svegli e pimpanti, almeno all'apparenza. Alle 8.30 iniziamo a smontare il campo base, la tenda è ormai un ricordo, gli zaini sono quasi pieni e l'acqua è di nuovo tornata ai 4 litri iniziali, il sole ormai era prepotente sulla montagna e le mucche di nuovo alla vasca, mentre le api iniziavano a svolazzare sui fiori spinosi della radura. La compagnia è nuovamente pronta per proseguire l'avventura, questa volta invece di seguire la cosiddetta "alta via della Creste" il sentiero ci propone l' "alta via degli altipiani" ed infatti verso il prossimo obiettivo ossia il Casone Aresta il dislivello resterà pressoché costane portandoci solamente 200 metri più in basso con un percorso lunghissimo. Da Lauro Fuso in direzione Pedata della Lepre nel bosco di faggi polveroso e secco, oltrepassiamo diversi inghiottitoi carsici ed alcuni sono anche recintati per evitare danni al bestiame. Uno di questi gravi è davvero impressionante, profondissimo, lanciamo una pietra e non sentiamo nemmeno toccare il fondo ma la ascoltiamo rotolare per circa otto secondi. Il sentiero è davvero facile con alcuni sali e scendi che a volte si aprono in piccoli pianori finchè la strada non ritorna sulla mulattiera-carria principale che dopo circa un'ora e quaranta minuti ci conduce in una splendida pianura al ridosso di alcuni bastioni roccioso probabilmente al disotto del bosco labirinto degli Scanni di Petina. Un pozzo in muratura ed una vasca prima di un bivio e dopo un bosco pulito e caratteristico ci indica che siamo giunti alla Pedata della Lepre e qui in questo posto magico ci riposiamo al fresco degli alberi per circa cinque minuti prima di proseguire in direzione del Casone Aresta. L'aria è ancora limpida, lo scenario suggestivo e le forza mano mano ritornavano ad essere quelle iniziale ovviamente con un po di brillantezza in meno. Dalla Pedata della Lepre la strada è ancora in pianura, si lascia di nuovo la carraia e si entra in un altro bosco dove oltrepassando due rocce a destra e sinsitra della strada come una sorta di porta di una cinta muraria giungiamo ad un bivio. Da questo punto sentiamo un campanile e affacciandoci notiamo l'abitato di Petina, siamo sotto gli Scanni ed esattamente alla deviaizone che parte sulla sinistra del sentiero principale che conduce a Petina , esattamente al Km 12 della strada per Sicignano nei pressi del fontanile. Ma a noi quella deviazione non interessa ed infatti con un po di attenzione notiamo un'altra strada che proseguiamo (al ritorno la segnaleremo anche con un pennarello rosso). Questa strada in poco tempo porta ad un piccolo belvedere raggiungibile tirando verso le creste ad occhio e da questo angolo notiamo il Figliolo in lontananza e capiamo che non abbiamo scelto la via diretta per gli altipiani ma non fa niente dato che questa cima rientrava nel nostro programma. Scendiamo dal belvedere e continuiamo nel bosco, la strada inizia a scendere finchè troviamo due cartelli indicanti la scritta AVCA ossia Alta via del Cervati e degli Alburni una traversata stupenda. Dai cartelli le deviazioni sono due e per il primo momento prendiamo quella a sinistra capendo subito che ci avrebbe condotto dietro le bastionate del monte Figliolo di Petina. Ed infatti dopo solo due minuti si giunge ad un recinto di filo spinato superabile con una scaletta e ad un cartello che oltre ad indicare il nome della vetta segna la presenza di pareti "alpinistiche attrezzate". Siamo ovviamente senza imbragature e attrezzatura da scalatori ma vogliamo ugualmente raggiungere la vetta e cosi aggiurando gli ostacoli rocciosi giungiamo ad un valico molto appeso. Posiamo gli zaini giù e proseguiamo arrampicandoci nel vero senso della parola tra le rocce finchè dopo alcuni sforzi siamo allo scoperto e da questo punto notiamo la vetta segnata da una statuetta della Madonna. Raggiungere la vetta esatta ora è più difficoltoso, la parete è esposta a destra e sinistra e sotto di noi c'è praticamente i vuoto; a carponi e con molta attenzione mettiamo le mani ed i piedi nei punti giusti e raggiungiamo la statuetta, ci sediamo e osserviamo il panorama eccelso ed incontrastato di una vetta che dall'alto dei suoi apparentemente pochi 1291 metri regala una visuale da paura. Il ritorno è effettuato con tantissima prudenza e finalmente dopo aver attaraversato di nuovo la gola delle rocce che sembrano instabili scalata all'andata ritorniamo alla partenza e da qui proseguiamo verso l'Aresta.Prima di ripartire però ci soffermiamo su una rupe soprannominata da noi "la rupe del senza sangue" per una vecchia storia di alcune fotografie di Lello scattate 20 anni fa.
Ritornando sul percorso si incontrano altre cime ed è forse qui che nasce la confusione con il locali che ancora oggi non sanno definire quale sia il Figliolo e quale il Figlioletto ma sinceramente per noi questo ha poco conto ed invece di perderci in disputa inutili continuiamo la nostra avventura. Ritorniamo sulla mulattiera e finalmente dai pianori spunta la cupola del Casone Aresta ma è ancora abbastanza lontana; si rientra nel bosco e si supera una vecchia teleferica per il trasporto del legno e del carbone, si rientre nei pianori scoperti tra rocce e cavalli allo stato brado e dopo aver superato collinette e doline finalmente giungiamo all'osservatorio astonomico dell' Aresta a 1160 metri di quota. La soddisfazione è massima, gli altipiani sono stati dominati ed omrai è l'ora del pranzo che consumiamo stanchi e sporchi sotto la struttura del Casone al fresco e all'ombra. La spdizione a questo punto ha come solo obiettivo il ritorno, ma il sole è cocente ed i ritorni sono sempre i più fastidiosi. Federico prepara pasta e fagioli con il suo fornellino e dopo aver pranzato e riposato sui materassini alle 14.15 si riparte nella stessa direzione. Ora la fatica si fa sentire davvero, i chilometri percorso sono tanti ed il sole non ci è d'aiuto, l'acqua sta quasi per terminare ma ne abbiamo ancora per il ritorno almeno fino a Lauro Fuso ed in ogni caso il "peggio" è passato. Attraversiamo gli altipiani con lentezza e puntando alla vista del Figliolo e del Panormo ripercorriamo le stesse strade e gli stessi boschi fino a Lauro Fuso. Alla fontana però questa volta le mucche non ne vogliono sapere di spostarsi e cosi non riusciamo a riempire le bottiglie e neanche le borracce e l'unica acqua a disposizione è la "Fonte di Lello Fuso" ossia la borraccia rossa in alluminio che ci ha allietato con il suo rumore per tutto il viaggio. Da Lauro Fuso è un passo trionfante vero il Rifugio Panormo dove nel pianoro al fianco dell'auto ci gettiamo esausti per terra e ci rechiamo dopo poco al ristorante per prendere una bibita fresca. Dopo la bibita carichiamo le auto e partiamo verso casa pieni di soddisfazione e pieni di orgoglio per la nostra impresa. La seconda giornata finisce con 5 ore e 50 minuti di cammino, 620 metri di dislivello in discesa e 710 metri in salita con una media ascensionale di 5 minuti all'ora in salita e 6 in discesa.
La traversata è finita, gli Alburni ci salutano ed anche il mare dall'alto ci dona l'ultimo sorriso con uno spettacolo superbo dell'Isola di Capri che dal mare spunta come fosse vicinissima alle nostre amate vette.

Un ringraziamento a Lello, a Federico e ad Angelo (cioè io) per l'impresa di questa fantastica due giorni che rimarrà per sempre nelle nostre menti.

1 commento:

patch87 ha detto...

Che avventura! Grande angelo! Complimenti! ;)