martedì 26 febbraio 2008

Rifugio Panormo - Cima Panormo


Quando un obiettivo diviene con il passare dei giorni un pensiero fisso, e quel pensiero fisso si tramuta ogni volta in una piccola ossessione, giunge l'ora di trovare una cura, di trovare un rimedio per porre fine a questa "sofferenza". Il Vuccolo dell'Arena ci aveva respinto qualche settimana fa, cosi ci siamo riorganizzati pronti per affrontarlo Venerdi, ma purtroppo le piogge ci hanno impedito di partire. Allorchè decidiamo di salire Sabato, ma la foschia era talmente fitta che per l'ennesima volta abbiamo dovuto rinunciare. Domenica parte invece con una giornata straordinaria, un sole pieno, un cielo limpido e sereno...è giunta l'ora forse di toccare con mano la cima del Monte Panormo. Questa volta invece di andare verso Sicignano scegliamo e optiamo per il "Rifugio Panormo" per osservare da vicinio le bellezze dei pianori alburnini situati sul versante meridionale del massiccio. Partenza ore 7.00 da Bellizzi, passiamo per Battipaglia usciamo con l'autostrada a Campagna, risaliamo Serre, scendiamo a Controne, giungiamo a Castelcivita e finalmente ad Ottati. Da Ottati subito dopo il paese, probabilmente già comune di Sant'Angelo a Fasanella parte una strada ripida e stretta che in 11 km porta a quota 1300 metri del Rifugio Panormo. La strada è asfaltata ma impervia, tappeti di foglie, rami spezzati, rocce fin sui pianori. Dalla macchina inziamo ad assaporare l'ebrezza della nostra avventura e ci soffermiamo con lo sguardo oltre che sui pianori carsici sugli enormi pozzi che costeggiano la strada. Arrivati al pianoro principale dove è sito il Rifugio Panormo, posiamo la macchina nei pressi di un inghiottitoio (non molto profondo ma spettacolare), ci prepariamo, mettiamo le scarpe da trekking e ci guardiamo intorno ad osservare quelle piccole valli. La neve in alcune conche resiste ancora ma la temperatura non è bassa e lo scenario è tardo autunnale, colori forti, caldi e prevalentemente sul giallo e sul rossiccio. Dalla macchina proseguiamo su una mulattiera che costeggia il rifugio e dopo aver dato un'occhiat alla cartina orientandola per bene verso N, prendiamo il sentiero giusto (segnalato bene dal CAI) e proseguiamo nella faggeta costeggiando altri due piccolissimi inghiottitoi. Al nostro segutio dal rifugio un cagnolino che sembrava conoscere la strada e sopratutto sembrava volesse accompagnarci fino in cima. La faggeta all'inizio è molto ampia e in alcuni punti si apre su dei pianori innevati fino al raggiungimento di un bivo segnalato. Proseguendo dritto in 40 minuti si sarebbe giunti alla "Fonte Lauro Fuso" (famosa per 3 faggi gemelli spettacolari), in un'oretta alla "Pedata della lepre" e in circa due ore e mezza all'osservatorio astronomico del "Casone Aresta". Tirando invece verso la montagna il sentiero portava a Sicignano, al Vuccolo dell'Arena e con una deviazione netta alla Cima del Panormo. Ovviamente seguiamo quest'ultima indicazione e ci addentriamo di nuovo nella faggeta, ostacolata da alberi caduti e da un tappeto di foglie altissimo che a volta ci faceva sprofondare fino al ginocchio. Sulla strada osservando verso il bosco ogni tanto si potevano ammirare altri pianori ma sopratutto dei laghetti ghiacciati rotondi (alcunu anche abbastanza profondi dato che siamo andati a verificare) che sembravano essere degli inghiottitoi stracolmi d'acqua. Il sentiero prosegue dolce, dolcissimo, si cammina quasi sempre in piano o logicamente in leggera salita. Troviamo la prima neve, ghiacciata ma granulosa, nessuna difficoltà per i nostri passi, e dopo un po giungiamo a quota 1520 al "Vuccolo dell'Arena". Dal Vuccolo (finalmetne raggiunto dopo tanti tentativi) ci dirigiamo per un attimo verso Sicignano per costeggiare un boschetto che ci avrebbe portati su una rupe espota dalla quale potevamo ammirare i costoni calcarei dolomitici del Vuccolo che pendavano a picco come lame sulla valle del Sele. Dopo questo piccolo momento di "contemplazione" sull'essenza della montagna, proseguiamo dal Vuccolo verso N addentrandoci in una nuova faggeta, molto intricata e molto fitta, contornata da spettacolari inghiottitoi carsici (molti dei quali adornati da alberi e muschio). Ogni tanto anche quest'ultima faggeta si apriva ma non a pianori bensi ad alcune rupi. Decidiamo di fare una sosta per controllare la cartina e per bere, poi riprendiamo di nuovo nel bosco. Qui i segnali diventano molto rari, non è difficile perdersi se non si tiene conto dei segnali precedenti e la neve diventa alta. Mettiamo le ghette e proseguiamo con non poche difficoltà, ma dopo aver ponderato bene e osservato con attenzione i segnali "spuntano" e cosi riusciamo ad uscire dal bosco su per un costone roccioso. Il Costone roccioso era quello del Monte Panormo, la cima era visibile dal basso ma ancora molto lontana altimetricamente. A sud si ammiravano i pianori dove avevamo lasciato la macchina e anche le montagne del Cilento. Spiccava su tutti il Cervati innevato, ma il Monte Sacro o Gelbison non sfigurava e in lontananza era possibile osservare il Monte Pollino.
Il cammino prosegue, le creste sono ripide ma non scivolose, tagliamo un po l'originale sentiero per arrivare prima alla vetta e dopo circa mezz'ora riusciamo ad arrivare al punto trigonometrico e cosi alla vetta. Da li, si apre una visuale a 360° sulla Provincia di Salerno e oltre. Si nota Sicignano piccolissimo sotto le pareti rocciose, la valle del Sele, il Monte Cervialto nell'Avellinese, le montagne del Vulture e le pianure di Lacedonia. Uno spettacolo davvero supermo considerando la nostra posizione di estrema "precarietà" su un cucuzzolo espostissimo che cade a picco sulla valle. Il vento del Nord spirava con dolcezza ma facva sentire il suo alito freddo, ma noi continuammo a camminare su per le creste. Giungemmo alla lapide di "Nicola Tuccino" grande guida ambientalista e alburnologo e proseguimmo oltre il Panormo fino ad aprirsi dinanzi a noi uno spettacolo da brividi. Mentre alle nostre spalle svettavano nellaloro innocua e dolce figura le creste dolci dell'Urto Falcone e dei Gemelli di Roccia, davanti si prestavano le ripide, irte e pericolose creste del Monte Figliolo. Una sensazione unica, quasi sospesi nel vuoto ad osservare un cammino sottile e leggero "appesi" e "in bilico" come un equilibrista su una corda. Ci sentivamo più alti dei monti, da li li sovrastavamo e pensammo a quel giorno che sarà di Settembre quando organizzeremo la grande traversata da Controne a Petina.
Osservata la situazione dall'altro versante tornammo al Panormo, mettemo il campo base, accendemmo il fuoco (con pietre attorno e in un posto lontano ad sterpaglie), preparammo il caffè, mangiammo e infine riprendemmo passo verso il Rifugio. Intanto il cane davvero ci aveva seguito, anzi cia veva preceduto fin sulla cima, per poi riscendere quando noi vi fermammo.
Dopo circa un'oretta tornammo ai pianori, ritrovammo il cane al rifugio, ci soffermammo ad ammirare il sole calante dietro i monti e poi con tanta gioia e soddisfazione prendemmo la via del ritorno.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Angelo.Ieri siamo stati sul Monte Panormo da Petina e mi servirebbe una semplice informazione,ovvero il nome del bosco che si attraversa per giungere alla Fonte Lauro Fuso dalla quale si sale in vetta.
Un caro saluto
Master

Angelo Mattia Rocco ha detto...

Se non sbaglio il bosco a cui ti riferisci dovrebbe essere il cosiddetto "labirinto degli Scanni"... se mi mandi una mail possiamo decifrare meglio la zona... scusa ho visto in ritardo questo commento

Angelo Mattia Rocco ha detto...

Se non sbagli il bosco a cui ti riferisci dovrebbe essere il cosiddetto "labirinto degli Scanni"... se mi mandi una mail possiamo decifrare meglio la zona... scusa ho visto in ritardo questo commento

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie