domenica 17 febbraio 2008

Cervialto bianco... l'Essenza della Montagna


Ci eravamo lasciati al valico Vuccolo dell'Arena, quella "sconfitta" che tanto ci ha segnato nell'orgoglio...la neve tanto invocata e tanto decantata in quel giorno ci fu avversa. Al che, decisi sempre di più ad affrontare un'escursione da EAI (escursionisti ambiente innevato) prendemmo "ali al folle volo" e decidemmo insieme all'amico Federico di intraprendere le coste del Cervialto. Un allenamento d'altura in vista della grande impresa del Panormo che ci attende...perchè... "non vi preoccupate, tanto ci ritorneremo"... a noi non la si fa! Federico scappato da Siena con una voglia di conquista più aspra e accesa di prima ed io con tanta delusione passata e con un desiderio ardente di vedere ciò che vidi secco e caldo in una "tragica" giornata di Settembre (vi ricordate la disavventura del Cervialto??). Come Ulisse e Diomede cercammo di valicare le nostre "colonne d'ercole" sperando di non ritornare "due dentro ad un foco". La mattina si presentava come sempre dall'aspetto invitante, anche se alcune nubi e un po di foschia turbavano l'immagine di cielo limpido e sereno che speravamo di trovare in cima. Arrivati a Laceno le prime sorprese e le prime emozioni. Un -4° C con una gelata davvero entusiasmante, scendemmo in riva al lago come da rituale e dopo aver assaporato la "prima essenza" ritronammo in auto per raggiungere il Colle del Leone. Al Colle del Leone, rimembrando l'avventura della Tannera ci preparammo a questa nuova esperienza. Zaino in spalle, bastoncini tecnici alla mano e ghette pronte all'uso...inziò il nostro cammino. Per un primo tratto fino alla quota di 1350 m, la neve non era presente e il bosco si presentava molto diverso da Settembre dove abbondava la folta vegetazione dei Faggi. Subito i passi si fecero veloci, ci togliemmo i giubbini e proseguendo sempre con passo spedito finalmente giungemmo alla prima neve. All'inizio molto ma molto bassa, poi sempre più alta e farinosa, a tratti ghiacciata e scivolosa. Ci fermammo ad assaporare il paesaggio candido e mettemmo piede con un'emozione indescrivibile nel primo punto dove le impronte umane cessavano di esistere e rimanevano impresse nella neve solo quelle degli animali selvatici del bosco. Mettemmo le ghette e via dentro quella coltre di circa 60 cm di neve, sicuramente l'accumulo bianco da Ottobre ad oggi rimase intatto. Nei versanti esposti a NE la neve ricopriva davvero tutto e in alcuni punti riusciva ancora a rimanere sugli alberi, mentre a SW a farla da padrone erano le rocce spoglie asciugate dai "caldi" raggi del sole. I passi si facevano sempre più pesanti , ma veder solcare la nostra presenza per primi ci riempiva di gioia e orgoglio. Dopo aver superato il bivio per Filicecchio e aver fatto una piccola sosta nell'unico tornante privo di vegetazione finalmente giungemmo alla fine del sentiero 113 del CAI dove inizia il sentiero di cresta o meglio di costa. L'ascesa verso la cima era resa più impegnativa dalla coltre nevosa delle creste che accompagnata dal ghiaccio e dalle rocce rendeva il tutto più faticoso. Superato il primo costone, giungemmo al tratto intermedio intervallato da una piccola pianura rocciosa, fin poi riprendere cammino per la seconda costa che ci portò fin su la stazione idrometeorologica situata in cima. Un passo e uno sguardo oltre quella capanna e vi trovammo il "paradiso". Quell'immenso pianoro, quell'immenso cratere ricoperto da oltre 1 metro di neve...non potemmo far altro che rimanere qualche minuto fermi ad ascoltare il silenzo ed assaporare la vera "essenza della montagna". Federico iniziò ad allestire il campo base, picchettammo il "todomodo" per sederci e preservare la nostra attrezzatura dalla neve. Dopo aver preparato il tutto, l'esperienza singolare, spettacolare e unica di gustare un ottimo caffè caldo a quota 1809 m con vento gelido e tanto ghiaccio di contorno (ringrazio Federico per il fornellino a gas). Dopo aver mangiato cioccolato e panini, bevuto, ci togliemmo la soddisfazione di attraversare per la prima volta in questo inverno l'inviolata conca bianca tra la cima e l'anticima, affrontando anche l'eventuale rischio di sprofondare per la scarsa conoscenza dell'altezza del manto nevoso. Arrivati al centro ci guardammo intorno e godevamo di una panoramica quasi artica del cuore di un pezzo di appennino campano, figli del grembo di quella montagna. Dal pianoro via verso l'anticima dove come tradizione raccontammo la nostra avventura al libro di vetta e ponemmo i vessilli della nostra conquista sul punto trigonometrico....
... e fermi a contemplare le nuvole, a farci accarezzare dal vento, a godere "per gli occhi" delle valli sottostanti, ritornammo giù per quelle creste.
Per le foto dell'escursione ecco il link

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