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Intanto l'auto correva e la strada "scorreva", giungiamo verso Petina dove le creste del Figliolo ci danno il benvenuto e il giorno prendeva forma schiarendo il blu scuro del cielo e cosi fino a Sala Consilina il tempo passava veloce. La strada in direzione di Monte San Giacomo questa mattina non era "invisibile" per la nebbia, ma c'era solo una leggera foschia che dava carattere al posto e tantissimi corvi infestavano la strada alzandosi solo al nostro passaggio. Sassano con il suo Santuario apriva la via per la nostra meta e arrivati nel centro storico ci dirigiamo con rapidità verso la località montuosa de
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Il paesaggio è vario e dal "calore" si passa al "gelo" di un campo completamente ghiacciato per le inversioni notturne e a dir la verità mai avrei pensato in un Ottobre come questo di poter assaporare temperature sotto lo zero in qualche posto campano.
Intanto siamo quasi a destinazione e appena lasciata l'auto lo sguardo si dirige per sbaglio su una vetta del Cervati dalla quale inizio a capire il tipo di giornata che ci avrebbe atteso. Fotograficamente siamo nella stagione migliore e quegli alberi in alto gialli, rossi e arancioni sembrano vogliano invitarci a nozze. Il freddo è pungente, il maglione è d'obbligo e le mani si congelano e fanno male, il Vallone dell'Acqua che suona ha un retrogusto di antico e intoccabile ma la sua pendenza è sempre "nuova" nelle gambe anche se la superiamo con molta agilità. Gli alberi alti in questo tratto sono il miscuglio tra autunno e primavera ed infatti ci accolgono con chiome dipinte in due parti, da un lato "capelli" verdi lucenti e dall'altro passavano il testimone al giallino.
In un tratto fitto di vegetazione c'è la prima linea di distacco da un paesaggio all'altro di un Monte che a mio avviso è stratificato come se ogni parte raccontasse una sua storia e disegnasse una sua identità precisa. Siamo alla Fontana degli Zingari che rispetto all'estate ora è quasi un fiume in piena, l'acqua è freddissima e il suo getto potente e vigoroso , forse anche merito delle piogge dei mesi precedenti che hanno arricchito di acqua un luogo che è già molto provvisto di questo bene prezioso. Dalla fontana ci rechiamo all'omonimo pianoro, quel pianoro che in estate ci regalò soddisfazioni incredibili, perchè dal suo interno era possibile guardare la verde cima del Cervati, in questo periodo ci lascia davvero senza parole. Il cielo terso riflette una luce del sole limpida e forte che in un attimo avvolgendo
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Dagli "zingari" entriamo nel bosco dei Temponi e qui la nostra attenzione si posa su tantissimi ceppi di alberi bruciati e umidi sui quali nascevano spontanei centinaia di funghi che coprivano completamente la loro superfice. Caratteristica mai trovata prima e da contorno ad un bosco alto e pulito che nella sua possenza sa donare tranquillità e quando si esce allo scoperto sulla carraia che porta alla "Sequoia" il bosco tende poi a richiudersi finchè da lontano non scorgiamo una luce atunnale viva e vegeta. Il passo si fa più veloce e la voglia di raggiungere quel punto è immensa, sappiamo dove siamo e cosa vogliamo vedere e quel bagliore ci da una speranza immensa. Usciamo allo scoperto e notiamo con meraviglia e stupore il pianoro del Rifugio Cervati che a differenza dei colori eccezionali ma "stanchi" del primo altopiano, presenta una vita immensa, con delle sfumature che vanno dal rosso intenso e sgargiante, al giallo acceso, lucente e "sbarazzino". Non c'è un solo albero dalla stessa chioma e tutti tra di loro convergono nei colori e al contatto con lo sfondo dominato dalla Chiaia Amara del Cervati si delineavano perfettamente tanto che era facile distinguerene foglia per foglia, ramo per ramo anche a distanza. La chiaia di un grigio esausto mi appariva dinanzi agli occhi maestosa e ad indicarmela era il faggio antico che bruciato da un fulmine è riuscito a far sopravvivere in lui un solo ramo che germoglia in ogni stagione, e questa volta era l'unico ramo che rispetto agli altri aveva la parvenza del "rame".
Perdiamo in senso positivo, molto del nostro tempo all'ingersso di questo spettacolo ma poi ci rechiamo all'ingresso del Rifugio e sostiamo per un po, sia per fotografare sia per gustare all'aria aperta uno dei nostri panini. Al centro del piano i soliti laghetti, ovviamente più abbondanti e molto più paludosi e al fianco un terreno spugnoso zuppo. Dietro al rifugio la fontana e il lavatoio e nella pertinenza, una volta ap
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Sul sentiero dei pellegrini non sostiamo molto, vogliamo raggiungere il Crocillo e arrivare presto in cima , ed è proprio cosi che facciamo finchè non si apre dinanzi a noi la grande conca "glaciale".
L'erba nel suo fondo non è carica come l'ultima volta e tutto intorno sembra immerso in un silenzio stranissimo ma interessante e da "ascoltare". Proseguendo in senso antiorario camminiamo lungo le creste e attraversiamo tanti pianori carsici di dimensioni inferiori a quello principale e dando uno sguardo al Gelbison e ai cavalli selvatici che girano per il monte , passo dopo passo giungiamo alla vetta più alta del Monte Cervati. Sulla vetta a quota 1899 metri, si scorge in lontananza la Chiesetta della Madonna della Neve, ma stavolta non la raggiungiamo, non certo per mancanza di rispetto al posto Sacro, ma per quella voglia di restare staccati da un posto che farebbe perdere il senso del posto in se, dato che alla Cappella si può giungere in auto e da quel versante si notava decisamente la presenza troppo scomoda dell'uomo. Una vetta cosi particolare e bella ,(ed uso bella perchè è proprio nella banalità di questo aggettivo che si racchiude tutta la grandezza di questo posto) non può e non deve essere deturpata da nessun genere di tecnologia che purtroppo si notavano e si sentivano, ed è proprio per questo che rimaniamo sulla vetta più alta e più lontana dalla vita materiale.
Il sole a mezzogiorno concilia il riposo dopo il pranzo e cosi mi appoggio su una roccia liscia e mi addormente, con il mio cappello davanti al viso per proteggere gli occhi dai raggi, mi sveglierò più in la grazie al "richiamo" di Walter che mi invita ad alzarmi e a proseguire verso il basso. Una discesa decisamente veloce con delle soste solo nei punti più entusiasmanti e resi ancora più appassionanti dalla luce del pomeriggio e arrivati al Piano degli Zingari una deviazione volontaria ci porta ai Gravittoni dove notiamo rocce e muschi simili agli Scanni di Petina e un inghiottitoio "prepotente" e impressionante dal quale fuoriuscivano faggi antichi e alberi vecchissimi insieme ai velenosi Tassi baccati.
Volgendo le spalle ai Gravittoni nel pianoro il Cervati non è più visibile per via della luce del sole frontale e allora nulla più ci può fermare verso il ritorno ai Vallicelli, discendendo il pendio dell'Acqua che Suona. Questa Domenica di Ottobre per ora passerà nell
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