mercoledì 15 ottobre 2008

Monte Cervati da Monte San Giacomo

Il Monte Cervati , purtroppo, per la sua distanza e per il suo posizionamento all'interno del Cilento è una meta abbastanza difficile da raggiungere per noi "poveri" escursionisti "cittadini", vicin a Salerno e vicini al mare, ma quando il richiamo dell'autunno si fa sentire le distanze si accorciano e il tutto diventa una "passeggiata". Gli orari di partenza semi-invernali dovrebbero inziare ad entrare nel nostro meccanismo di pianificazione eppure la voglia della mattina e dell'alba ci spinge ad alzarci sempre prestissimo , tanto che Domenica il sole non era neanche sorto e noi, nel silenzio della città e del mondo circostante ci avviamo con tranquillità e pace verso Sala Consilinia. La luce dell'alba vista dal retro degli Alburni era per me una sensazione del tutto nuova, un rimandare quasi alle luci del tramonto ma ritrovarsi alle 6 del mattino e "contemplare" quell'arancio carico che dava contrasto con il blu della notte nel cielo alto e l'azzurrino del cielo al risveglio giù, verso il mare. Ad est quindi pian piano faceva capolino il "Generale del mattino" e ad ovest i monti prendevano forma delineandosi alti e sfavillanti. Verso Sicignano lo sguardo ancora assonnato nota con un po di malinconia le rocce dell'Urto Falcone e seguendolo in direzione sud riesco a ripercorrere con il pensiero quella traversata di metà estate e mi sembra di rivedere dinanzi agli occhi il Tirone, il Vuccolo dell'Arena e quella notte stellata al Lauro Fuso.
Intanto l'auto correva e la strada "scorreva", giungiamo verso Petina dove le creste del Figliolo ci danno il benvenuto e il giorno prendeva forma schiarendo il blu scuro del cielo e cosi fino a Sala Consilina il tempo passava veloce. La strada in direzione di Monte San Giacomo questa mattina non era "invisibile" per la nebbia, ma c'era solo una leggera foschia che dava carattere al posto e tantissimi corvi infestavano la strada alzandosi solo al nostro passaggio. Sassano con il suo Santuario apriva la via per la nostra meta e arrivati nel centro storico ci dirigiamo con rapidità verso la località montuosa dei Vallicelli. Lungo il sentiero l'alba creava dei colori caldi molto particolari anche se tenui e dato l'orario ancora decente e sopratutto dato che quel posto non tornerà cosi facilmente ad ogni angolo sostiamo per immortalarne lo sfondo.
Il paesaggio è vario e dal "calore" si passa al "gelo" di un campo completamente ghiacciato per le inversioni notturne e a dir la verità mai avrei pensato in un Ottobre come questo di poter assaporare temperature sotto lo zero in qualche posto campano.
Intanto siamo quasi a destinazione e appena lasciata l'auto lo sguardo si dirige per sbaglio su una vetta del Cervati dalla quale inizio a capire il tipo di giornata che ci avrebbe atteso. Fotograficamente siamo nella stagione migliore e quegli alberi in alto gialli, rossi e arancioni sembrano vogliano invitarci a nozze. Il freddo è pungente, il maglione è d'obbligo e le mani si congelano e fanno male, il Vallone dell'Acqua che suona ha un retrogusto di antico e intoccabile ma la sua pendenza è sempre "nuova" nelle gambe anche se la superiamo con molta agilità. Gli alberi alti in questo tratto sono il miscuglio tra autunno e primavera ed infatti ci accolgono con chiome dipinte in due parti, da un lato "capelli" verdi lucenti e dall'altro passavano il testimone al giallino.
In un tratto fitto di vegetazione c'è la prima linea di distacco da un paesaggio all'altro di un Monte che a mio avviso è stratificato come se ogni parte raccontasse una sua storia e disegnasse una sua identità precisa. Siamo alla Fontana degli Zingari che rispetto all'estate ora è quasi un fiume in piena, l'acqua è freddissima e il suo getto potente e vigoroso , forse anche merito delle piogge dei mesi precedenti che hanno arricchito di acqua un luogo che è già molto provvisto di questo bene prezioso. Dalla fontana ci rechiamo all'omonimo pianoro, quel pianoro che in estate ci regalò soddisfazioni incredibili, perchè dal suo interno era possibile guardare la verde cima del Cervati, in questo periodo ci lascia davvero senza parole. Il cielo terso riflette una luce del sole limpida e forte che in un attimo avvolgendo quella piccola pianura dal verde estivo colora tutto di un giallo secco carico e intenso e la vetta del Monte questa volta è di un'unicità pazzesca. Dalle sue rocce che colore non cambiano, spuntano alberi dalle foglie "deboli" che si nota a distanza come vogliano cadere e prendere il volo e la loro "pelle" è degna delle migliori abbronzature della natura. Tutto intorno prende un colore che riscalda l'anima, però si nota già un presagio di stanchezza che porterà nel giro di poco a vedere tutto senza vita, le foglie cadranno e il paesaggio cambierà aspetto regalandoci un tappeto da far invidia ai migliori artigiani arabi.
Dagli "zingari" entriamo nel bosco dei Temponi e qui la nostra attenzione si posa su tantissimi ceppi di alberi bruciati e umidi sui quali nascevano spontanei centinaia di funghi che coprivano completamente la loro superfice. Caratteristica mai trovata prima e da contorno ad un bosco alto e pulito che nella sua possenza sa donare tranquillità e quando si esce allo scoperto sulla carraia che porta alla "Sequoia" il bosco tende poi a richiudersi finchè da lontano non scorgiamo una luce atunnale viva e vegeta. Il passo si fa più veloce e la voglia di raggiungere quel punto è immensa, sappiamo dove siamo e cosa vogliamo vedere e quel bagliore ci da una speranza immensa. Usciamo allo scoperto e notiamo con meraviglia e stupore il pianoro del Rifugio Cervati che a differenza dei colori eccezionali ma "stanchi" del primo altopiano, presenta una vita immensa, con delle sfumature che vanno dal rosso intenso e sgargiante, al giallo acceso, lucente e "sbarazzino". Non c'è un solo albero dalla stessa chioma e tutti tra di loro convergono nei colori e al contatto con lo sfondo dominato dalla Chiaia Amara del Cervati si delineavano perfettamente tanto che era facile distinguerene foglia per foglia, ramo per ramo anche a distanza. La chiaia di un grigio esausto mi appariva dinanzi agli occhi maestosa e ad indicarmela era il faggio antico che bruciato da un fulmine è riuscito a far sopravvivere in lui un solo ramo che germoglia in ogni stagione, e questa volta era l'unico ramo che rispetto agli altri aveva la parvenza del "rame".
Perdiamo in senso positivo, molto del nostro tempo all'ingersso di questo spettacolo ma poi ci rechiamo all'ingresso del Rifugio e sostiamo per un po, sia per fotografare sia per gustare all'aria aperta uno dei nostri panini. Al centro del piano i soliti laghetti, ovviamente più abbondanti e molto più paludosi e al fianco un terreno spugnoso zuppo. Dietro al rifugio la fontana e il lavatoio e nella pertinenza, una volta aperta il caminetto spento da poco (forse dal girono prima) emanava un odore di brace e di fumo degno della miglor esperienza di Montagna invernale. Chiudo la porta del capanno e torno su una panchina , seduto su una trave di legno, riposiamo per qualche minuto finchè decidiamo che è ora di proseguire. La Chiaia Amara sembra più dolce del solito, la percorriamo con facilità e sicurezza e le chiome che vedevamo dal giù ora sono sulle nostre teste e saranno loro che ci avranno dato una carica impressionante. All'uscita del bosco, lo scenario è molto simile a quello estivo, le rocce non cambiano colore ma il panorama sottostante è completamente cambiato e dal verde uniforme ora si nota un bosco dalle mille forme e in lontananza spuntao altre cime che la foschia estiva non ci permetteva di vedere.
Sul sentiero dei pellegrini non sostiamo molto, vogliamo raggiungere il Crocillo e arrivare presto in cima , ed è proprio cosi che facciamo finchè non si apre dinanzi a noi la grande conca "glaciale".
L'erba nel suo fondo non è carica come l'ultima volta e tutto intorno sembra immerso in un silenzio stranissimo ma interessante e da "ascoltare". Proseguendo in senso antiorario camminiamo lungo le creste e attraversiamo tanti pianori carsici di dimensioni inferiori a quello principale e dando uno sguardo al Gelbison e ai cavalli selvatici che girano per il monte , passo dopo passo giungiamo alla vetta più alta del Monte Cervati. Sulla vetta a quota 1899 metri, si scorge in lontananza la Chiesetta della Madonna della Neve, ma stavolta non la raggiungiamo, non certo per mancanza di rispetto al posto Sacro, ma per quella voglia di restare staccati da un posto che farebbe perdere il senso del posto in se, dato che alla Cappella si può giungere in auto e da quel versante si notava decisamente la presenza troppo scomoda dell'uomo. Una vetta cosi particolare e bella ,(ed uso bella perchè è proprio nella banalità di questo aggettivo che si racchiude tutta la grandezza di questo posto) non può e non deve essere deturpata da nessun genere di tecnologia che purtroppo si notavano e si sentivano, ed è proprio per questo che rimaniamo sulla vetta più alta e più lontana dalla vita materiale.
Il sole a mezzogiorno concilia il riposo dopo il pranzo e cosi mi appoggio su una roccia liscia e mi addormente, con il mio cappello davanti al viso per proteggere gli occhi dai raggi, mi sveglierò più in la grazie al "richiamo" di Walter che mi invita ad alzarmi e a proseguire verso il basso. Una discesa decisamente veloce con delle soste solo nei punti più entusiasmanti e resi ancora più appassionanti dalla luce del pomeriggio e arrivati al Piano degli Zingari una deviazione volontaria ci porta ai Gravittoni dove notiamo rocce e muschi simili agli Scanni di Petina e un inghiottitoio "prepotente" e impressionante dal quale fuoriuscivano faggi antichi e alberi vecchissimi insieme ai velenosi Tassi baccati.
Volgendo le spalle ai Gravittoni nel pianoro il Cervati non è più visibile per via della luce del sole frontale e allora nulla più ci può fermare verso il ritorno ai Vallicelli, discendendo il pendio dell'Acqua che Suona. Questa Domenica di Ottobre per ora passerà nella mia storia escursionistica come la più bella mai vissuta e per concludere questo resconoto voglio lasciare qui due righe per me significative: "Il Monte più bello della Campania (da me conosciuta), il sentiero più entusiasmante fatto fin ora (sempre tra quelli conosciuti), la miglior giornata e la miglior escursione da sempre (fin ora)""

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