giovedì 19 febbraio 2009

Piedi, ventre e dorso del Raiamagra

Gelo sulle strade picentine, fiocchetti svolazzanti già dalla Madonna dell'Eterno! Fu così, che il generale inverno riprese possesso delle sue terre lontane, quelle terre che vedono i loro giorni al caldo del mare e che si dimenticano quasi dei tre mesi del freddo. Questa volta le truppe sono arrivate in forze, compatte, pronte a sferrare un attacco frontale che da anni non si vedeva. L' "esercito russo" ha marciato e ha continuato a sferrare colpi contro l'appennino campano e noi da osservatori imparziali (ma tifosi dei russi in questo caso!!) raggiungiamo il campo di battaglia e prendiamo nota degli scontri.
Piccoli "fuochi" da Montecorvino Rovella che si trasformavano in un campo minato di neve appena scesa dal cielo sulle strade di Acerno e che man mano aumentava e cresceva verso il "mondo antico" dell'Irpinia.
Un'Irpinia "martoriata", "invasa", resa "schiava" della morsa dell'Orso. L'Irpinia che finalmente aspettavamo da tempo!
A Bagnoli Irpino con il "ritrovato" amico "senese" Federico non possiamo fare a meno di un giro in Piazza Di Capua, ad osservare il termometro del Bar che segnava -2° e che di sicuro non era veritiero, ma sovrastimava gli effetti del gelo. Un giro molto veloce, alla scoperta di immagini nuove e dal sapore finalmente immaginato da tempo, per i vicoli del centro storico ad assaporare l'aria dal vero senso invernale.
Ma i nostri obiettivi son altri, dobbiamo assolutamente raggiungere il "fronte" e , come si sa, il fronte è in posizioni strategiche, alte e lontane dai centri abitati. Il Laceno campo perfetto di battaglia era li a pochi passi, si raggiunge in un attimo tra tormente di neve e sguardi alle Accelliche immerse dalle nebbie, finchè sull'altopiano ci ritroviamo nell'immenso sogno bianco.
Una fontana sul lato della carreggiata era completamente trasfigurata da strati di ghiaccio a cascata, probabilmente causati dal continuo "ticchettio" di una goccia che fuoriusciva costantemente e tutt'intorno il Lago che da piccola creatura ritornava nei pensieri del "senese" , si apriva a "Mostro" incontrastato, esteso e terrificante.
L'acqua ha raggiunto livelli "stratosferici", le terre e i campi sono inutilizzabili, le piccole strutture adibite a capanna irraggiungibili e nei pressi del vivaio una palude coadiuvata da sorgenti sotterranee regalava l'impressione di un luogo lontano dall'uomo e vicino a quei regni animali nascosti e irraggiungibili che osserviamo soltanto dai documentari.
La neve finalmente cadeva copiosa e la strada cominciava a "colorarsi" di un manto sottile disturbato solo dai pneumatici che ne lasciavano segni lunghi e discontinui. I fiocchi spinti dal vento impattavano sui vetri del finestrino, i tergicristalli faticavano a "disincastrarsi" dalla morsa del gelo e quel getto d'acqua per sciogliere la neve fresca sembrava congelarsi all'istante. Ai bordi della vettura piccole stalattiti iniziavano a formarsi e la soffice e cara "polvere bianca" disegnava sagome compatte come nidi di rondine tra i pneumatici e i para urti.
L'atmosfera surreale si accompagna allo spirito della giornata, con tanto di caffè e latte caldo che accompagna quella sensazione di scenario alpino che tanto da sollievo al cuore , passando per la vista imbambolata.
Il corpo si abitua a climi e a luoghi eppur l'animo e gli occhi risentono costantemente di sbalzi incontrollabili che giungono come impulsi nuovi e frenetici ai sensori del cervello che ne ricevono soddisfazione e piacere.
Dopo aver ripreso calore e aver assunto zuccheri preziosi con una barretta di cioccolato fondente sempre presente nello zaino di Federico, prima di raggiungere il luogo della partenza, ripercorriamo l'altopiano e raggiungiamo la riva del Lago. La neve copriva la patina leggera di ghiaccio e ai tavolini dell'area pic nic solo un rumore di vetro infranto ci faceva capire che non era il momento di "scherzare" con la natura! L'acqua compatta e gelida aveva raggiunto il punto più estremo del parchetto e con passi lenti e decisi raggiungiamo la "salvezza" delle scarpe sulla staccionata e con saltelli in punta di piedi ritorniamo alla nostra calda macchina.
Il panorama continuava a subire trasformazioni per il solito principio della "danza bianca" e superando di nuovo quell'opera d'arte di ghiaccio (la fontana!), degna del miglior scultore che sa trarre la sua opera dalla natura, arriviamo all'albergo sulla strada dei Pianori per aspettare l'intera compagnia.
La mattina odierna sarà scenario di nuove leve, il Club Alpino con estrema passione lancerà le basi della ciaspolata e dell'alpinismo al gruppo giovanile, composto da tanti ragazzi e bambini con genitori e parenti al seguito, pronti a faticare e a "disperarsi" per il vento e il freddo. Un teatrino tra giovani che amano quel che fanno e genitori che per assecondare il "piacere" dei propri figli son disposti a provare un qualcosa che forse non avrebbero neanche pensato.
Intanto all'interno del bar, dinanzi al caldo camino la mattina cominciava a suon di bignè e dolcetti offerti da altri membri del club, sempre pronti ad allietarci nelle ore più importanti della giornata, decisi a rendere il passeggiare ancor più piacevole e avvincente. Ovviamente il tutto dura nella rapidità e nella leggerezza del momento che cambia all'improvviso rotta, quando si iniziano ad indossare, su una panchina all'aperto, ghette e scarponi impermeabili. La partenza è vicina. Il gruppo alpinismo giovanile prosegue lungo il Piano L'Acernese, siamo pronti a seguirli quando una voce ci giunge alle spalle e ci chiede di cambiare rotta per provare un sentiero nuovo.
Enrico, Michele, Vincenzo ed Enzo ci invitano a seguirli verso gli impianti di risalita e consci del loro spessore escursionistico prendiamo la palla al balzo, spostando l'auto e raggiungendo il caos degli sciatori, dei semplici appassionati di "neve facile" e dei venditori di formaggi e salumi locali.
Qualcosa sembrava dirci che il posto non era adatto ad un'escursione, ma Vincenzo, con la sua tenuta da sci alpinista, dopo aver "incollato" le pelli di foca ai suoi fedeli "strumenti di viaggio", ci conduce tra la folla verso un angolo nascosto, passando per un maneggio dove piccoli cavalli riposavano al freddo e al gelo.
Il rumore si allontanava, le piste affollate erano ormai un "brutto" miraggio e davanti a noi ,davanti ai 6 "colleghi" di montagna, si apriva una pista dismessa, larga e accompagnata da faggi altissimi. La neve è ancora bassa, farinosa e soprattuto asciutta, gli scarponcini sostituiscono ancora bene le ciaspole e camminiamo rapidi a scatti veloci, dando lo sguardo dietro per aspettare ogni tanto l'amico Vincenzo che con gli sci doveva per cause di forza maggiore rallentare il suo inesorabile avanzare.
La pendenza all'inizio molto semplice diviene sempre più pesante con il passare dei metri e con l'altezza aumentava anche l'accumulo nevoso che sotto i canali di terra retti dalle radici dei faggi era imponente e modellato dal Blizzard. Il soffio del vento spariva e compariva tra gli alberi accarezzati dal ghiaccio nelle parti dei loro tronchi esposte più a nord e finalmente anche le chiome cominciavano a galavernare. I raggi di sole misti a fiocchi, le schiarite che si alternavano a nevicate erano argomento di discussione piacevole tra chi preferiva la tempesta e chi sul costone avrebbe sperato in una visuale soleggiata ed entusiasmante. Ognuno persegue nella Montagna la propria indole e allora si capisce anche da un solo sguardo chi persegue la voglia di panorama, chi invece è deciso a conquistare la montagna, chi è atteso dalla discesa successiva e chi vive la natura in tutte le sue forme. La montagna unisce le diversità di carattere. età e pensiero ed è quel misto di asimmetrie che nel finale completa una simmetria perfetta, con un'amalgama eccezionale tra tutti i membri della spedizione.
Il tempo di seguire gli umori del bosco e subito ci ritroviamo al Colle del Sagrestano dove parte diretta la pista nordica e quindi la via più semplice per il Monte Raiamagra. Posiamo le attrezzature su alcune rocce salvate dalla neve e finalmente apro il mio zaino e offro una fetta di girella alla nutella alla "compagnia", mentre Federico dispensa cioccolato e torta al cocco. In quell'istante tutti accomunano i loro gusti e le loro sensazioni ed è un momento "ricreativo" piacevole che separa la fatica precedente da quella successiva. Persino il sapore semplice della cioccolata appare più buono e dolce in quel paesaggio scandinavo che si armonizzava tra alberi, reticolati, pietre e canaloni.
Nell'attesa del nostro sci alpinista, indossiamo le ciaspole e al suo arrivo, dopo aver fornito anche lui di girella e barrette di cioccolato, decidiamo che è ora di darsi da fare e di proseguire per vie più lunghe e più impegnative. Il Raiamagra è ad un passo , ma lo "sfizio" dell'escursione non può esser relegato ad un semplice raggiungimento e cosi dal colle puntiamo nel bosco fittissimo, su una striscia di neve, dove in estate regna una sottile mulattiera. Ricordo i passi di Montagna Grande eppure è tutto diverso in questo momento, ma la direzione sembra venir da se e il tutto risulta semplice e lineare. La neve fresca era di piacevole passaggio e qualche tratto più complicato veniva spianato dagli sci di Vincenzo che disegnavano curve perfette in uno slalom continuo senza precedenti. Dall'alto le fronde ghiacciate lasciavano cadere pezzi di neve stanchi di reggersi in bilico e al suonar del vento rimbombava un rumore simile a uno scricchiolio che subito ho associato a quel volersi distaccare dei rami che tra loro si erano "incollati" per il freddo.
Il bosco emanava "sapori" che si percepivano all'olfatto, forse sapor d'inverno , di neve e di freddo e allo sbocco sulla Loggetta il sole ci regala un momento di grande "partecipazione sentimentale". Verso le valli di Acerno si apriva lo spazio visivo fino alla Savina e dalla Savina le nuvole tagliavano a mezza costa le cime dell'Accellica. La "nord" e la "sud" immerse nelle solite nebbie invernali e di ogni stagione e dall'angolo della Loggetta si osservava con semplicità e vicinanza l'abitato di Montella che in quell'istante pareva interessato da una piccola nevicata. Dall'altro versante la Raia della Scannella si tingeva di un azzurro carico ed elettrico e gli alberi innevati all'inverosimile si piegavano tutti nella stessa direzione come a venerare la cima del comprensorio che spiccava dal retro delle altre vette: il Cervialto.
Un attimo di "commozione" nel notare la strada che conduce a valle d'Acera illuminata dal sole e alcune rocce ben posizionate che come un segnale naturale indicavano la via da seguire. Il costone Raiamagra non risulta subito di facile accesso. Sono necessari alcuni tentativi nella neve soffice per aprire vie semplici e percorribili, i bastoncini e la piccozza svolgono un lavoro di aiuto molto utile ed importante, sorreggendoci lungo le piccole "slavine" che si formavano quando le ciaspole infilavano i propri ramponi nel manto morbido.
Ma la piccole "valanghe" non erano l'unico ostacolo, dato che alberi dal basso fusto e con rami insidiosi si incastravano tra zaini e indumenti impedendo un facile percorso. Le pietre anche remavano contro il nostro cammino ed infatti nonostante gli accumuli interessanti in alcuni tratti fuoriuscivano a scalfire le nostre racchette. Il cammino è faticoso, reso ancor più affascinante e leggendario da un vento di Grecale impavido e violento che rendeva rosse le guance e scottava le mani anche attraverso i guanti. Chicchi di ghiaccio solcavano l'aria e si infilavano tra i capelli scoperti sorretti solo da una fascia frontale e il cappuccio diveniva necessario in quei versanti scoperti ed esposti che davano visuale fin sul Golfo di Salerno. Da lontano mentre mi riparo dal ghiaccio pungente scorgo anche le coste di Agropoli e noto con mio piacere che il resto della compagnia è più avanti mentre io ed Enrico assorti nella fotografia restavamo più nascosti e lontani. Riprendiamo allora il passo mentre notavo Federico arrembante con Enzo e Michele che seguivano con passo formidabile e, all'improvviso, come una visione agognata, appare il costone Raiamagra. Il costone che non vedevo dal lontano Gennaio del 2008 e che è rimasto segno di indissolubili avventure iniziali della mia vita escursionistica. Ancora una volta quel Rifugio Canadese in lontananza , il mare sulla destra e la vetta del Calvello sulla sinistra, illuminata dal sole che spuntava da alcune nuvole nere.
Raggiunto il "canadese" passando per il viale raiamagra facciamo sosta al Rifugio Amatucci, non prima però di aver raggiunto il belvedere sul Lago Laceno che in questa giornata risultava più particolare che mai. Addirittura al centro della sua conca sembravano presenti onde che si infrangevano sulle creste ghiacciate e più basse.
Il Lago ci aveva riscaldato momentaneamente i pensieri e al "calduccio" della canna fumaria del "ristorante-rifugio" assaporiamo i nostri panini, degustiamo ancora cioccolato e girella e beviamo un po di grappa. Il riposo era già finito, il vento aumentava, e cosi anche il freddo, quindi ritornando su passi precedenti raggiungiamo l'imbocco della pista nordica percorrendola a passi lunghi e ampi che in un manto di tanti centimetri bianchi ci conducevano fino al Colle del Sagrestano. Quel colle che avevamo raggiunto in mattinata e che ora "solcavamo" da un altro versante. Questa volta però non sostiamo e continuiamo a scendere in forte pendenza dando uno sguardo "innamorato" ai Monti che si aprivano dinanzi alla visuale candida dell'apertura del bosco e rimanendo entusiasmati dalla discesa alpinistica di Vincenzo che ci superava ed aspettava ogni cento metri di strada.
Più si scendeva e più la neve come ovvio diminuiva, ricominciava a fioccare e riponiamo le ciaspole tra gli agganci dello zaino. Ogni tanto uno sguardo tornava all'indietro verso il Raiamagra e immaginavo tutta la giornata e l'escursione passata da poco. Volevo non finire quella pista, ritornare su, magari percorrere un altro sentiero, ma la luce cominciava a scarseggiare e il ritorno si faceva quasi obbligatorio.
La pista finiva, il maneggio rispuntava all'orizzonte e quasi come una "follia" dell'anima invece di percorrere la strada meno "trafficata" proseguo verso gli impianti di risalita, ad osservare la gente che impazziva per la neve e i tanti sciatori giunti in questa Domenica.
Tanta gente, tante emozioni e tante parole che vagavano nell'aria e si allontanavano da me nell'istante in cui superato quel cancello di legno ritornai nell'auto e senza parlare ripresi la via di casa.

mercoledì 4 febbraio 2009

Con le ghette, ciaspole e sci... al Colle delle Radici

Il richiamo del Laceno, con la sua vocina insistente durante i giorni passati a studiare, finalmente si placava all'arrivo della Domenica. Il giorno dedicato alla Montagna , il giorno dove finalmente si concretizza e si riprende quel percorso lunghissimo che da qualche anno mi sta vedendo partecipe su queste terre. Quel passaggio sui Monti Picentini che si arricchisce di significato ogni qual volta i miei passi ricadono sulle terre secche o innevate dell'altopiano Laceno. Lo scenario di un lago finalmente spoglio dalle nebbie, con la vista di sua altezza Cervialto che "pandorizzato" aspettava qualcuno che l'avesse sfidato ancora una volta. Ma il primo giorno di Febbraio riservava altre esperienze legate a posti nuovi che si fondevano con la conoscenza di "vecchi passaggi" ormai scritti per sempre nel cuore e nella mente.
La strada per Calabritto rivestita da una lingua di neve , spezzata ai lati dal cammino dei fuoristrada, conduceva dritta nel cuore della Montagna e man mano cominciava a diventarne parte di essa scomparendo progressivamente. I fiocchi cadevano bagnati lasciando agli occhi quella sottile linea ideale che spezzava il "caldo" con il "freddo" trasformando a seconda delle piccole variazioni le precipitazioni in neve o in pioggia. Il cielo cupo lasciava intravedere solo come un'ombra il sole che da tempi "lontani" manca sulle vallate dell'Acernese e fa si che si conservi il suo aspetto più consono al periodo. Un percorso verso il Colle del Leone allietato da scenari stravolti, cascatelle, rivoli, ruscelli e laghetti formatisi in questo "folle" tardo autunno senza fine. Il suono dell'acqua che impattava sulle rocce, quegli schizzi che toccavano gli argini innevati creando buchi uniformi come lacrime di gioia della natura, un paesaggio rigoglioso nonostante i rami degli alberi lasciassero trasparire ancora la loro "stanca presenza".
Da un angolo del piano l'Acernese scorgo il canalone che conduce al Vallone del Turco e ricordo quel sentiero verde che mi appare all'improvviso dinanzi agli occhi come un immagine astratta che vaga senza meta in quei momenti di completa immedesimazione con l'amica Montagna.
Un ricordo legato ai primi passi escursionistici, con pochi amici, all'avventura senza conoscere "regole" e senza immaginare le sorprese che la vita mi avrebbe apportato.
La neve intanto , con la leggera ascesa, consentiva l'uso delle ciaspole e dopo qualche piccola difficoltà dovuta ai lacci e allo scarpone, riesco a prendere il giusto passo e attraverso l'altopiano soffermando l'attenzione su un piccolo albero solitario che d'estate avevo immortalato nel suo verde splendore e nella sua buocolica forma insieme ad un piccole gregge di pecore.
Ma i pensieri non fanno da freno al nuovo entusiasmo e sollevando neve con il "tacco" che si riversa sulle parti "scoperte" (senza ghette) del pantalone con il gruppo del CAI di Salerno entriamo finalmente nella "porta dei faggi" che separa il Piano l'Acernese dal piccolissimo Piano dei Vaccari. Un pianoro coperto, immerso nel bosco, quasi invisibile dalla strada, una minuscola radura dalla quale salendo per un sentiero alberato giungiamo allo scollinamento del Colle del Leone. Al Colle, la strada asfaltata era una lunga "pista da sci" e si diramava in alto e verso il basso a seconda dei gusti di ciaspolatori e sciatori. Dall'alto il Raiamagra "sfornava" nuvole di neve e dal basso la pioggia voleva impadronirsi dei guadi asciutti delle fiumare e impedirci il cammino verso il Piano del Cupone. Uno sguardo deciso e attento tra i più esperti della "spedizione" e siamo giù, tra la neve delle faggete, tralasciando la mulattiera e addentrandoci nel bosco come stambecchi su pendi ripidi e innevati. Il serpentone di ciaspolatori scendeva sinuoso verso il prato del Leone, mentre gli sciatori si congiungevano dall'altro versante fino all'appuntamento "secondario" per decidere su che percorso proseguire. La pioggia diveniva più insistente e sulle mantelline erano evidenti solchi d'acqua che raggiungevano le estremità degli abbigliamenti e penetravano al loro interno. Il Raiamagra faceva quasi rimpiangere la scelta dei "bassi luoghi", finché ancora una volta veniamo sorpresi dal tempo che ci concede un alito velocissimo di grecale con un lento passaggio a neve delle precipitazioni. Forza e coraggio e di nuovo in cammino, oltrepassando la collinetta che in estate è comandata dalle felci e percorrendo le mulattiere bianche tra pozzanghere "granitose" che in pochi passi giungono al bivio del Piano del Cupone. Sulla destra una scia di rocce ad indicare una quota neve che terminava a 1000 metri, sulla sinistra una visuale aperta verso il bianco che spinge a proseguirla e ad ammirare la solitudine del Cupone e lo spettrale gioco degli arbusti che spuntano dalla neve come soldati che scrutano dalle trincee gli ignari escursionisti. Il tempo inclemente intanto riprende a "lacrimare" e a sfiancare l'imperterrita compagnia che in cerca di imbocchi nascosti dalla neve esplora il piccolo altopiano nei sui selvaggi passaggi finchè uscendo dal "labirinto" si ritrova su una pendente salita che costeggia un profondo canalone.
Gli animi sembrano placarsi, come arrivati a metà di una giornata che merita un attimo di pausa e su quella salita lunga, tra nevose fronde e rami bassi inizia il tratto dedicato alla "parola". Sentieri, termini antichi, leggende, storie di uomini che come noi un tempo solcarono queste terre, pastori , briganti, un passeggiar che rievocando persone e luoghi riaccende la passione e riscalda l'animo, tanto che non mi accorgo di non indossare i guanti e la fame e la sete si assentano in quei piacevoli istanti. L'ardore del comunicare i sentimenti comuni che si trasforma in stimoli nuovi e nuove amicizie conduce fino al Valico del Colle delle Radici dove ancora una volta madre natura ci premia con la sua soffice creatura.
Inizia il ritorno verso il Laceno su quella strada percorsa in bici tantissime volte che sembrava una mulattiera immersa nel cuore dei Monti. L'asfalto coperto, il nero tinto di bianco , una sensazione di novità e di grandezza, ma soprattuto un brivido di commozione nel vivere quel luogo lontano dal passaggio di auto e lontano da rumori molesti e "incoerenti".
In una curva poniamo il nostro campo base, pranziamo ed io ritorno con la mente a quel 10 Agosto a Montagna Grande, quando parlando decisi che un giorno avrei voluto provare lo sci escursionismo, e come in un "veloce ritorno", all'improvviso mi ritrovo su quegli sci, lasciando per
qualche chiolmetro il dolce scricchiolio e la grande versatilità delle ciaspole per provare quel silenzioso ed agile "pattinare". Un cammino leggero, veloce e faticoso tra canalette , rami da superare e cadute in agguato, un divertimento unico che si cerca di sfruttare fino all'ultimo briciolo di neve, quando l'erba spunta dal "ghiaccio", la terra diventa marrone e il Laceno riappare all'orizzionte.