mercoledì 4 febbraio 2009

Con le ghette, ciaspole e sci... al Colle delle Radici

Il richiamo del Laceno, con la sua vocina insistente durante i giorni passati a studiare, finalmente si placava all'arrivo della Domenica. Il giorno dedicato alla Montagna , il giorno dove finalmente si concretizza e si riprende quel percorso lunghissimo che da qualche anno mi sta vedendo partecipe su queste terre. Quel passaggio sui Monti Picentini che si arricchisce di significato ogni qual volta i miei passi ricadono sulle terre secche o innevate dell'altopiano Laceno. Lo scenario di un lago finalmente spoglio dalle nebbie, con la vista di sua altezza Cervialto che "pandorizzato" aspettava qualcuno che l'avesse sfidato ancora una volta. Ma il primo giorno di Febbraio riservava altre esperienze legate a posti nuovi che si fondevano con la conoscenza di "vecchi passaggi" ormai scritti per sempre nel cuore e nella mente.
La strada per Calabritto rivestita da una lingua di neve , spezzata ai lati dal cammino dei fuoristrada, conduceva dritta nel cuore della Montagna e man mano cominciava a diventarne parte di essa scomparendo progressivamente. I fiocchi cadevano bagnati lasciando agli occhi quella sottile linea ideale che spezzava il "caldo" con il "freddo" trasformando a seconda delle piccole variazioni le precipitazioni in neve o in pioggia. Il cielo cupo lasciava intravedere solo come un'ombra il sole che da tempi "lontani" manca sulle vallate dell'Acernese e fa si che si conservi il suo aspetto più consono al periodo. Un percorso verso il Colle del Leone allietato da scenari stravolti, cascatelle, rivoli, ruscelli e laghetti formatisi in questo "folle" tardo autunno senza fine. Il suono dell'acqua che impattava sulle rocce, quegli schizzi che toccavano gli argini innevati creando buchi uniformi come lacrime di gioia della natura, un paesaggio rigoglioso nonostante i rami degli alberi lasciassero trasparire ancora la loro "stanca presenza".
Da un angolo del piano l'Acernese scorgo il canalone che conduce al Vallone del Turco e ricordo quel sentiero verde che mi appare all'improvviso dinanzi agli occhi come un immagine astratta che vaga senza meta in quei momenti di completa immedesimazione con l'amica Montagna.
Un ricordo legato ai primi passi escursionistici, con pochi amici, all'avventura senza conoscere "regole" e senza immaginare le sorprese che la vita mi avrebbe apportato.
La neve intanto , con la leggera ascesa, consentiva l'uso delle ciaspole e dopo qualche piccola difficoltà dovuta ai lacci e allo scarpone, riesco a prendere il giusto passo e attraverso l'altopiano soffermando l'attenzione su un piccolo albero solitario che d'estate avevo immortalato nel suo verde splendore e nella sua buocolica forma insieme ad un piccole gregge di pecore.
Ma i pensieri non fanno da freno al nuovo entusiasmo e sollevando neve con il "tacco" che si riversa sulle parti "scoperte" (senza ghette) del pantalone con il gruppo del CAI di Salerno entriamo finalmente nella "porta dei faggi" che separa il Piano l'Acernese dal piccolissimo Piano dei Vaccari. Un pianoro coperto, immerso nel bosco, quasi invisibile dalla strada, una minuscola radura dalla quale salendo per un sentiero alberato giungiamo allo scollinamento del Colle del Leone. Al Colle, la strada asfaltata era una lunga "pista da sci" e si diramava in alto e verso il basso a seconda dei gusti di ciaspolatori e sciatori. Dall'alto il Raiamagra "sfornava" nuvole di neve e dal basso la pioggia voleva impadronirsi dei guadi asciutti delle fiumare e impedirci il cammino verso il Piano del Cupone. Uno sguardo deciso e attento tra i più esperti della "spedizione" e siamo giù, tra la neve delle faggete, tralasciando la mulattiera e addentrandoci nel bosco come stambecchi su pendi ripidi e innevati. Il serpentone di ciaspolatori scendeva sinuoso verso il prato del Leone, mentre gli sciatori si congiungevano dall'altro versante fino all'appuntamento "secondario" per decidere su che percorso proseguire. La pioggia diveniva più insistente e sulle mantelline erano evidenti solchi d'acqua che raggiungevano le estremità degli abbigliamenti e penetravano al loro interno. Il Raiamagra faceva quasi rimpiangere la scelta dei "bassi luoghi", finché ancora una volta veniamo sorpresi dal tempo che ci concede un alito velocissimo di grecale con un lento passaggio a neve delle precipitazioni. Forza e coraggio e di nuovo in cammino, oltrepassando la collinetta che in estate è comandata dalle felci e percorrendo le mulattiere bianche tra pozzanghere "granitose" che in pochi passi giungono al bivio del Piano del Cupone. Sulla destra una scia di rocce ad indicare una quota neve che terminava a 1000 metri, sulla sinistra una visuale aperta verso il bianco che spinge a proseguirla e ad ammirare la solitudine del Cupone e lo spettrale gioco degli arbusti che spuntano dalla neve come soldati che scrutano dalle trincee gli ignari escursionisti. Il tempo inclemente intanto riprende a "lacrimare" e a sfiancare l'imperterrita compagnia che in cerca di imbocchi nascosti dalla neve esplora il piccolo altopiano nei sui selvaggi passaggi finchè uscendo dal "labirinto" si ritrova su una pendente salita che costeggia un profondo canalone.
Gli animi sembrano placarsi, come arrivati a metà di una giornata che merita un attimo di pausa e su quella salita lunga, tra nevose fronde e rami bassi inizia il tratto dedicato alla "parola". Sentieri, termini antichi, leggende, storie di uomini che come noi un tempo solcarono queste terre, pastori , briganti, un passeggiar che rievocando persone e luoghi riaccende la passione e riscalda l'animo, tanto che non mi accorgo di non indossare i guanti e la fame e la sete si assentano in quei piacevoli istanti. L'ardore del comunicare i sentimenti comuni che si trasforma in stimoli nuovi e nuove amicizie conduce fino al Valico del Colle delle Radici dove ancora una volta madre natura ci premia con la sua soffice creatura.
Inizia il ritorno verso il Laceno su quella strada percorsa in bici tantissime volte che sembrava una mulattiera immersa nel cuore dei Monti. L'asfalto coperto, il nero tinto di bianco , una sensazione di novità e di grandezza, ma soprattuto un brivido di commozione nel vivere quel luogo lontano dal passaggio di auto e lontano da rumori molesti e "incoerenti".
In una curva poniamo il nostro campo base, pranziamo ed io ritorno con la mente a quel 10 Agosto a Montagna Grande, quando parlando decisi che un giorno avrei voluto provare lo sci escursionismo, e come in un "veloce ritorno", all'improvviso mi ritrovo su quegli sci, lasciando per
qualche chiolmetro il dolce scricchiolio e la grande versatilità delle ciaspole per provare quel silenzioso ed agile "pattinare". Un cammino leggero, veloce e faticoso tra canalette , rami da superare e cadute in agguato, un divertimento unico che si cerca di sfruttare fino all'ultimo briciolo di neve, quando l'erba spunta dal "ghiaccio", la terra diventa marrone e il Laceno riappare all'orizzionte.

1 commento:

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good