La strada per Calabritto rivestita da una lingua di neve , spezzata ai lati dal cammino dei fuoristrada, conduceva dritta nel cuore della Montagna e man mano cominciava a diventarne parte di essa scomparendo progressivamente. I fiocchi cadevano bagnati lasciando agli occhi quella sottile linea ideale che spezzava il "caldo" con il "freddo" trasformando a seconda delle piccole variazioni le precipitazioni in neve o in pioggia. Il cielo cupo lasciava intravedere solo come un'ombra il sole che da tempi "lontani" manca sulle vallate dell'Acernese e fa si che si conservi il suo aspetto più consono al periodo. Un percorso verso il Colle del Leone allietato da scenari stravolti, cascatelle, rivoli, ruscelli e laghetti formatisi in questo "folle" tardo autunno senza fine. Il suono dell'acqua che impattava sulle rocce, quegli schizzi che toccavano gli argini innevati creando buchi uniformi come lacrime di gioia della natura, un paesaggio rigoglioso nonostante i rami degli alberi lasciassero trasparire ancora la loro "stanca presenza".
Da un angolo del piano l'Acernese scorgo il canalone che conduce al Vallone del Turco e ricordo quel sentiero verde che mi appare all'improvviso dinanzi agli occhi come un immagine astratta che vaga senza meta in quei momenti di completa immedesimazione con l'amica Montagna.
Un ricordo legato ai primi passi escursionistici, con pochi amici, all'avventura senza conoscere "regole" e senza immaginare le sorprese che la vita mi avrebbe apportato.
La neve intanto , con la leggera ascesa, consentiva l'uso delle ciaspole e dopo qualche piccola difficoltà dovuta ai lacci e allo scarpone, riesco a prendere il giusto passo e attraverso l'altopiano soffermando l'attenzione su un piccolo albero solitario che d'estate avevo immortalato nel suo verde splendore e nella sua buocolica forma insieme ad un piccole gregge di pecore.
Ma i pensieri non fan
Gli animi sembrano placarsi, come arrivati a metà di una giornata che merita un attimo di pausa e su quella salita lunga, tra nevose fronde e rami bassi inizia il tratto dedicato alla "parola". Sentieri, termini antichi, leggende, storie di uomini che come noi un tempo solcarono queste terre, pastori , briganti, un passeggiar che rievocando persone e luoghi riaccende la passione e riscalda l'animo, tanto che non mi accorgo di non indossare i guanti e la fame e la sete si assentano in quei piacevoli istanti. L'ardore del comunicare i sentimenti comuni che si trasforma in stimoli nuovi e nuove amicizie conduce fino al Valico del Colle delle Radici dove ancora una volta madre natura ci premia con la sua soffice creatura.
Inizia il ritorno verso il Laceno su quella strada percorsa in bici tantissime volte che sembrava una mulattiera immersa nel cuore dei Monti. L'asfalto coperto, il nero tinto di bianco , una sensazione di novità e
In una curva poniamo il nostro campo base, pranziamo ed io ritorno con la mente a quel 10 Agosto a Montagna Grande, quando parlando decisi che un giorno avrei voluto provare lo sci escursionismo, e come in un "veloce ritorno", all'improvviso mi ritrovo su quegli sci, lasciando per
qualche chiolmetro il dolce scricchiolio e la grande versatilità delle ciaspole per provare quel silenzioso ed agile "pattinare". Un cammino leggero, veloce e faticoso tra canalette , rami da superare e cadute in agguato, un divertimento unico che si cerca di sfruttare fino all'ultimo briciolo di neve, quando l'erba spunta dal "ghiaccio", la terra diventa marrone e il Laceno riappare all'orizzionte.
1 commento:
leggere l'intero blog, pretty good
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