lunedì 30 giugno 2008

Monte San Giacomo - Vallicelli - Monte Cervati 1899 msm

Il Monte Cervati ci aspetta da diverso tempo, già a Marzo infatti la spedizione era pronta per effettuare l'assalto ma delle nevicate e sopratutto il cielo cupo ci impedirono di organizzarci e di prendere via alla scalata. Anzi, a dir il vero, i fattori meteo ci condizionarono anche nello studio delle carte che non comprammo nemmeno sicuro (dalle carte del tempo) che il 20 (data designata) sarebbe stato impossibile salire. Da Marzo allora venne decisa la data del 29 Giugno e in questi mesi primaverili è stato un susseguirsi di domande, ricerca di informazioni, studi di cartine igm e di preparativi. Il 29 Giugno finalmente arriva e la spedizione composta da 7 "intrepidi" si da appuntamento alle ore 6.00 a Bellizzi pronti a prendere l'autostrada Sa-Rc e recarsi a Monte San Giacomo. Dopo la partenza, passati Eboli, Campagna, Contursi, Sicignano, Petina, Polla e Atena Lucana, all'uscita di Sala Consilina giriamo per vie interne fino alle frazioni minori di Sala per giungere ad una deviazione sulla destra ( nei pressi di una chiesetta antica) che ci avrebbe condotti nel giro di 7 o 8 km ai 660 m di Monte San Giacomo. Breve sosta al bar, caffè, cornetto e vi in direzione "Vallicelli" una località montana del paese. La strada non l'avevamo mai fatta ma dalla cartina le indicazioni che avevamo studiato prendevano corpo nella pratica, inziamo a costeggiare le pendici del Monte Motola e ogni tanto ad osservare le Ripe del Cervati che spiccavano in tutta la loro candida maestosità. La strada è asfaltata, agevole ma iniziava a stringersi fino ad un bivio che Adriano ha subito ricondotto ad un punto esatto della cartina. Fermiamo l'auto nei pressi di questa deviazione dove un cartello indicava " l'alta via del Cervati" ma eravamo ancora distanti dai Vallicelli ed infatti da li in 6 ore si sarebbe giunti solo al Rifgio Cervati a quota 1560 m. Presa la deviazione sulla destra proseguiamo ancora per alcuni chilometri fino ad addentrarci in splendide faggete, la strada si faceva sempre più stretta e finalmente raggiungiamo il punto di partenza parcheggiando l'auto nei pressi dell'inizio di un altro sentiero, a qualche centinaio di metri prima dei Capannoni dei Vallicelli.
Raccolti gli zaini, presi bastoncini, macchina fotografica, cappello e cartina scendiamo per alcuni metri sulla strada asfaltata fino a prendere la deviazione sulla sinistra "Alta via del Cervati" ben segnalata che tirava dritto nella faggeta. Inizia lo spettacolo del Monte "arcigno" e selvaggio, un monte che da una sensazione di immensità rara su altre montagne campane, nel bel mezzo di un massiccio che come vetta ha solo lui : Cervati. La strada inizia subit con una salita impervia, fangosa e resa scivolosa dalle piogge, partenza da quota 1200 costeggiando il Vallone dell'Acqua che suona per risalire allo scoperto verso i 1436 metri della fontana degli zingari. Una salita davvero dura, fin ora ne Alburni ne Picentini, per quel che sono stati esplorati, ci hanno visto affrontare pendenze simili e cosi impegnative, ma fa parte del "grande gioco della montagna" e a dir il vero quel gioco ci piace anche molto perchè l'escursionismo è anche prova con se stessi nei confronti e nel rispetto della natura che ti ospita.
Finalmente dopo 50 minuti nei quali copriamo 200 metri di dislivello ci troviamo nei pressi della "vasca" della "Fontana degli Zingari", beviamo un sorso d'acqua freschissima, quasi ghiacciata per la verità e proseguiamo in direzione opposta ad un piccolo rifugio uscendo per un attimo allo scoperto nel piano degli zingari dove prima di entrare nel "bosco dei Temponi" notiamo di nuovo le vette del mitico Monte Cervati. Nel Pianoro c'è una deviazione verso i "gravittoni" (inghiottitoi) ma non è la strada per la vetta, proseguiamo per un po quindi su una mulattiera-carraia attraversando alcuni tratti con faggi solitari e cespugli di fiori di San Giovanni finchè lasciamo la mulattiera sulla destra e prendiamo a sinistra attraversando un piccolo canale e addentrandoci in un piccolo sentiero tra i "Temponi". Siamo a quota 1500 e il sentiero diventa ancora più entusiasmante, le faggete diventano altissime e ampie, non più fittissime ma creando enormi spazi disegnando un sottobosco spettacolare, leggendario e affascinante. Camminiamo ancora per diverso tempo , ad una deviazione non segnalata benissimo decidiamo di istinto di proseguire costeggiando un canalone ed infatti ci troviamo dopo circa 300 metri sul sentiero principale (a scendere prenderemo invece la strada che sarebbe uscita alla deviazione evitata) che riuscendo allo scoperto ed evitando un'altra mulattiera che ci avrebbe fatto allungare ci porta ad un Faggio enorme soprannominato da noi "La Sequoia". Dalla "Sequoia" proseguendo tra sali e scendi di una carraria ad un certo punto la strada si riapre alla vetta su una piccola valle caratterizzata da un laghetto formatosi dallo scioglimento delle nevi e dalle piogge, finalmente siamo giunti ai 1597 metri del Rifugio Cervati. La curiosità ci prende, quindi ci portiamo nei pressi della stuttura, dove un piccolo "capanno" in cemento è lasciato aperto e al suo interno era posto un caminetto e un tavolino con tanta legna da bruciare. Al di sopra del caminetto una frase eloquente: "La legna va consumata ma va anche raccolta". Dietro al rifugio una fontana gelida, una vasca e un lavatoio. Riposiamo un po e poi via per un nuovo bosco dal sentiero roccioso e ciottoloso che ci condurrà dopo aver faticato un po a quota 1780 metri alla località "Chiaia Amara". Dalla "Chiaia amara" parte visibilissimo su per le rocce aride del costone il "sentiero dei pellegrini", reso percorribile da alcuni passamani in legno presenti sulle estremità del costone. Il sole picchiava quasi a mezzogiorno ma l'aria era freschissima e si stava benissimo, la spedizione a questo punto smette di essere compatta e ognuno con il suo passo tenta di raggiungere la vetta. Siamo quasi in cima e alcune scale di ciottoli delimitano il passaggio nel varco verso gli splendidi pianori glaciali del Monte, siamo al Crocillo a quota 1844 metri.
Al Crocillo allora ci aspettiamo tutti, riposiamo e scattiamo foto, lo spettacolo è entusiasmante sembra di stare in un altra Regione, a nessuno verrebbe in mente che la Campania, la terra di Capo Palinuro , Camerota, Acciaroli e Sapri potesse riservare uno scenario d'alta montagna cosi suggestivo.
La vetta però non è stata ancora raggiunta, o meglio non è stato ancora raggiunto il punto più alto dell'intero comprensorio delle "vette" del Cervati, un comprensorio enorme, gigantesco, un "cratere" pieno di pianori, doline e montagnelle rocciose. Dal crocillo allora proseguiamo in senso orario su per le creste per raggiungere i 1899 m dove è situato il punto trigonometrico. La strada che sembrava breve in realtà è abbastanza lunga e camminiamo per diversi minuti osservando mandrie di cavalli per le rocce, erbe particolari e piantine grasse che dalle rocce nascevano spontanee in tutta la loro caratteristica bellezza. Su questa vetta tutto sembra esser rimasto veramente alle origini, la presenza dell'uomo (anche nel sentiero) non si sente, anche gli escursionisti stessi non passano molto tempo qui e lo scenario è tutt'altro che monotono e ripetitivo rispetto alle altre cime campane. La sensazione è quella di trovarsi in un luogo di confine con il cielo, dove lo si può toccare tranquillamente alzando la mano e da li controllare tutta la Campania che ai "suoi" piedi si prosta.
Dopo questo passaggio dedicato alle sensazioni e dopo essersi fermati a guardare le cime del Gelbison, del Faitella e del Bulgheria, costeggiando ancora le creste finalmente giungiamo in Cima e dalla Cima vediamo più vicina la chiesa della Madonna della neve che fra non molto sarebbe stata raggiunta. Dalla vetta ognuno dei 7 si è immortalato sul punto trigonometrico e ovviamente ci siamo presi anche il tempo per fare la solita foto di gruppo e per far rifornimento di zuccheri e d'acqua prima della vera sosta giornaliera. A questo punto è doveroso citare tutti e ringraziare tutti e non lo farò alla fine perchè nel mezzo del racconto mi sembra di rivivere l'escursione cosi da sentirmi nel mezzo della giornata di ieri e non trattare il tutto come qualcosa di rimeto. Allora un grazie (in ordine come nella foto dopo di me che sono il primo a sinsitra) a Walter, Alessia, Adriano, Lello, Eduardo e Federico (l'altro cow boy). Ovviamente una menzione particolare va ad Adriano che con come a studiato la cartina senza perdere un colpo e a Lello che dopo tanti anni torna all'escursionismo ad altissimi livelli. Un gruppo compatto, unito e reso ancora più affiatato da questa esperienza che non è stata facilissima e semplice come le altre, un motivo in più per credere in ciò che ci piace e continuare questa magnifica passione insieme.
Ma lasciamo la vetta per continuare il racconto e cosi ci incamminiamo verso il Santuario della Madonna della neve che a vista sembrava vicinissimo ma ci siamo resi subito conto che quindici minuti non sarebbero bastati e infatti dopo i 1900 metri dinanzi a noi si aprivano altri pianori, altre doline e altre montagnelle che risalivano e scendevano creando grande dislivello. Cosi, dopo aver fatto due sali e scendi tiriamo dritti sul sentiero dei pellegrini lasciato prima in modo da trovare una strada più agevole ed efficace e finalmente dopo esser passati sotto uno splendido albero (forse un cerro) mdoellato dai venti di quota raggiungiamo la Chiesetta della Madonna della Neve e purtroppo scopriamo con nostro dispiacere che da Sanza hanno portato una strada asfaltata fino in cima che ha tolto "sacralità" al Monte sovrano della Campania. Naturalmente l'essenza della montagna non ci vedrà penso mai partecipi di quella strada e saremmo sempre lieti di faticare per raggiungere la nostra meta.
Intanto il tempo inziava ad annuvolarsi, visitiamo quindi la chiesa e ci riposiamo sulle sue scale e mentre gli altri mangiavano io, Adriano , Federico e Lello ci portiamo verso il Canalone e la Rupe per scendere alla grotta della Madonna della Neve. Una porta in pietra ne delimita l'accesso e due rupi strettissime vanno attraversate per entrarvi, regalandoci uno scorcio "terrificante" e stupendo. Una grotta piccolissima con la statua della Vergine, un ingresso strettissimo e non per tutti, una volta bassa e scura e acqua che cadeva attraversando la roccia. Una sensazione di freschezza unica e da provare. Usciti dall Grotta saliamo di nuovo verso il canalone e la rupe per tornare alla Chiesa dove dopo un'altra mezz'ora passata a chiacchierare decidiamo di muoverci verso il ritorno convinti che il tempo non ci avrebbe graziato.
Cosi, di nuovo per il sentiero dei pellegrini, passati per il Crocillo, la Chiaia amara, il Rifgio Cervati, la Fontana degli Zingari e il Vallone dell'Acqua che suona arriviamo ai "nostri" Vallicelli dove smontando le attrezzature ci complimentiamo a vicenda e torniamo alle auto verso Monte San Giacomo, dove un gelato e una bibita fresca segneranno la fine della nostra avventura e l'arrivederci alla prossima.

REPORTAGE COMPLETO MONTE SAN GIACOMO - CERVATI

1 commento:

Anonimo ha detto...

Complimenti!
Descrizione reale e veritiera sulla maestosità del Cervati.