
Il manto nevoso non sempre uniforme, frutto di un sentiero che dai 1000 metri di quota si dirige nelle viscere del massiccio e si abbassa fino a toccare quasi traccie di alta collina, scenari ben lontani dalle nebbie del Cervialto o dalle ripe del Cervati, ma sempre degni di esser vissuti con uno spirito "devoto" alla "Signora Montagna". Sarò sincero, all'inizio di questo percorso, avevo il cuore triste, un qualcosa mi diceva di dover salire, di provare a raggiungere le quote a me più consone. Sulla mia spalla un diavoletto mi incitava a lasciare il gruppo e a proseguire da solo verso Verteglia e il Rifugio degli Uccelli, mentre un angioletto consigliere mi tranquillizzava facendomi notare la mia irruenta impulsività. Uno scontro mentale e psicologico che si risolve nella scelta di compagnia, e fu una scelta che ancor oggi ripenso con orgoglio. Tra le altre questioni "morali" infatti, ave

Sotto di me scorreva un ruscello che di li a poco si sarebbe mescolato alle acque del Calore e sarebbe confluito fin giù alla Scorzella e spostando lo sguardo verso il crinale , adocchiando un passaggio sicuro discendo fino alle coste del torrente ad osservare la bocca inquietante della Grotta di Candraloni. In estate lo sfondo rossastro e verde rende l'atmosfera ancora più tetra mentre quest'inverno fresco e nevoso fa riprovare sensazioni di pace ed armonia. La cascata che si infrange sulle rocce e che viene inghiottita da Candraloni non incute timore ma un senso di impotenza e di rassegnazione tranquilla che ti fa comprendere l'immensità e il corso vitale della natura. Enormi "filamenti" di ghiaccio facevano da dentatura alla volta franata del grave e l'umidità come al solito offuscava leggermente la bocca della sempre "assetata" caverna.
In un attimo tutto il gruppo mi è vicino, tra cadute, scivoloni e addirittura uno sci che staccatosi dai piedi di un "distratto" sciatore , corre rapidamente verso l'inghiottitoio e solo la fermezza di qualcuno lo salva dalle sue grinfie. Un piccolo attimo concitato che ci fa rimettere in marcia, fin sulla caserma Candraloni dove pulendo i tavolini e i seggiolini dalla neve ci riposiamo e ci rifocilliamo. Anche in questa ultima fatica di Febbraio la mitica girella alla nutella nei momenti di pausa rappresentava una fonte di energia inesauribile. Una fetta a destra, una fetta a sinistra, un complimento qua , un complimento la e il contenitore di dolci finisce in un istante. Lo stesso istante in cui ci rialziamo e superando un ponticello ci ricongiungiamo verso il ristorante la Bussola riscendendo lungo la strada asfaltata che porta al Piano delle Acque Nere. Naturalmente un "asflato bianco", non battuto e non pulito per la sua "inutilità" al turismo di massa.
Facile e scorrevole allora risulta il prosieguo che ci porta dritto ai pianori tra fiumi di "acque nere" , ponti in legno mimetizzati con la natura e sorgenti spontanee figlie di un inverno "autunnoso". Persino le rocce più statiche sembravano capaci di "sprizzare" acqua dai loro "pori" e noi, oltrepassando un muraglione di accumulo eolico freschissimo, osservavamo con la meraviglia di esseri innocen

Il sentiero che aggirava il piano imbiancato sembrava non finire, la strada percora era davvero tanta e forse solo il piacere della montagna faceva si che noi non ce ne accorgessimo, ma mancava ancora qualche metro alla meta stabilita. Ancora ruscelli, ancora onde di neve che si reggevano su argini di terra, qualche guado in ciaspole e qualche piede nel fango per arrivare nei pressi di una fontana in pietra alla quale prendiamo la "sosta ufficiale".
Tutti seduti ai bordi del fontanile, alcuni con i pidei sulla vasca a far dondolare uno strato rettangolare ghiacciato sulla sua superfice, mentre altri presi dalla curiosità (tra questi anchio) si recano verso una parete rocciosa, sotto la quale, maestosa e sorprendete spuntava la sorgente dell' "acqua della pietra". Un getto a forma di due mani intrecciate e legate al solo indice che si tuffa nel canale ai suoi piedi e che fuoriesce piatta sotto la fessura di una roccia squadrata che ne delimita la sommità. Il trionfo dell'acqua e della vita che si impossessano di qualsiasi cosa corra sul loro tragitto e sono capaci di convivere in simbiosi come linfa della montagna, dei boschi e degli animali della "foresta picentina".
Sembrerebbe certo ormai un riposo duraturo e meritato in quell'angolino rilassante ma l'acqua non fnisce di stupirci e si ripresenta sottoforma di una fitta nevicata che ci costringe a riprendere armi e bagagli e ripartire verso il Varco del Faggio. Finalmente un'improvvisata che movimenta la finta monotonia dei passi su trreni uniformi, o forse, finalmente ad un fenomeno che tanto aspettavo e che molti nel gruppo volevano evitare per non bagnarsi e non rimanere infreddoliti. Sento improperi e rimproveri che vanno nella mia direzione quando ormai in delirio assoluto mi reco da solo per il pianor

La montagna continuava a sfornare nubi da neve che scaricavano sulle auto e sulla starda rendendola uguale al sentiero e fino alla fontana i fiocchi erano visibili e insistenti, finchè verso Serino il sole riprende il comando e pone fine all'ennesima avventura di quest'inverno indimenticabile.
Escursione del 22 Febbraio 2009
1 commento:
Davvero complimenti per il reportage! Foto stupende!
Posta un commento